I colli francesi. Una vacanza in bici. Giorno 1
Col du Mollard-Col du Chaussy
Il ciclismo è uno sport meraviglioso. Ne sono sempre più
convinta: ti riempie l’anima di così tante emozioni in contemporanea che è
difficile elencarle.
Prima c’è la voglia, l’aspettativa, l’adrenalina di fronte
ad ogni nuova impresa, la volontà, forse anche un briciolo di paura qualunque
sia il traguardo da dover raggiungere. Poi viene la determinazione, la fatica,
l’impegno e la caparbietà. La capacità di non arrendersi e di continuare a
lottare. Poi ci sono il sudore, la sensazione di non farcela, a volte un po’ di
delusione per una prestazione che si pensava di poter compiere diversamente, a
volte addirittura le lacrime, il fiato corto, il battito alto.
Infine, il momento più bello: il traguardo. Comunque sia
andata, qualunque sia stata la sfida, piccola o grande, in solitaria o in
compagnia, il traguardo è sempre il momento migliore. La tensione cala
improvvisamente e subentra la gioia e la soddisfazione. In un attimo ci si
scorda di tutto il sudore che si è versato, di tutti i pensieri riguardo al “ma
chi me lo ha fatto fare” o “mai più” o ancora “io smetto”. In un attimo
subentrano pensieri del tipo “ce l’ho fatta”, “non ci credo, com’è bello”, “ne
valeva proprio la pena” e soprattutto “quando lo rifacciamo?”. Se poi la sfida
consisteva nella scalata di una montagna, a tutte queste emozioni si aggiungono
quelle che solo una vista e un paesaggio montano sanno donare: la sensazione di
aver conquistato e di dominare il mondo e allo stesso tempo di essere un
puntino in un universo talmente grande e immenso.
Ecco, tutto questo è il ciclismo, almeno dal mio punto di
vista, da come lo vivo io. E ancora una volta ne ho avuto conferma, in
trasferta, in montagna, in Francia.
In 6 giorni, ho affrontato sfide che mai avrei pensato
possibili. Ho superato i miei limiti, ne ho creati di nuovi, di diversi. Nella
mia breve “carriera” da ciclista ho sempre affrontato le salite “a tutta”, “finchè
ce n’è” ma in Francia ho imparato a pedalare in modo diverso, a trattenermi, a
gestire le forze e le energie. Ho affrontato salite di 30 km, anche due in un
giorno. Ma andiamo con ordine.
Questa estate, in vacanza, abbiamo deciso di andare in
ritiro in Francia, nella zona della Savoia, ai piedi dei più importanti colli
affrontati al Tour de France (di cui ovviamente non mi perdo neanche una
tappa). Prima di partire ci siamo preparati: abbiamo pianificato percorsi,
studiato le salite, steso un programma e allenati. Poi siamo finalmente
partiti! La prima impressione è stata: “un posto magnifico, ma non c’è neanche
un metro di pianura e senti che vento!”.
Avrieux. Vista dall'albergo |
Col du Mollard |
Col du Mollard |
Col du Chaussy |
Col du Chaussy |
Vista dal Montvernier
Il primo giorno, giovedì, ci siamo alzati di buon’ora, ci
siamo imbottiti di cibo, ci siamo preparati e siamo partiti in auto. E meno
male che ci siamo portati un pochino avanti perché subito dopo l’uscita dal
nostro paese di alloggio (“Avrieux”), una rampa al 10% ci aspettava!
Primo colle del nostro ritiro: Col du Mollard. 17 km al 6%
di media. Pedalabili e costanti, un’ottima salita nel bosco e un’incredibile
vista una volta arrivati in cima! E’ su questa salita che abbiamo avuto il
primo incontro con “le tombe”, come le abbiamo battezzate in seguito: piccoli
parallelepipedi di cemento a bordo strada con l’indicazione dei km mancanti e
la pendenza media del km che sta per iniziare (uno sprone o una condanna?!?).
Dal cartello a fine salita, dopo la foto di rito, ci siamo buttati in discesa.
Ed ecco la prima sorpresa: eravamo convinti di andare dal Col du Mollard alla
Croix de Fer e poi solo discesa. In realtà dall’incrocio in cui le due strade
si dividono alla Croix de Fer mancano ancora 14 km di salita! Abbiamo così,
saggiamente, deciso di rimandare la scalata al passo ad un altro giorno, e ci
siamo buttati in discesa (o quasi, visto le due rampe al 13% che “spezzano” il
ritmo) fino a San Jean de Maurienne. Qui, dopo una serie di incertezze, abbiamo
trovato la strada che conduce al mitico “Montvernier”, secondo colle di
giornata. Una salita suggestiva, i primi 3 km, i famosi “laccetti”, in
particolare! Complessivamente: 13 km di ascesa per arrivare al Col du Chaussy a
1500 m slm. Un “buon” cappuccino (per quanto possa essere buono un cappuccino
fatto in un rifugio francese di alta montagna con la panna montata al posto del
latte) e via in discesa! Il rientro è stato tranquillo, solo qualche attimo di
tensione dovuto alla stesura di asfalto fresco, fino a San Julien de Maurienne
e all’agognata auto. Complessivamente 90 km per 2500 m di dislivello: un ottimo
primo giorno!
Erika
Erika
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