martedì 22 maggio 2018

Un'avventura in solitaria. Ciclabile tra Mantova e Ferrara


Voglia di evasione, voglia di divertirsi, voglia di stancarsi facendo qualcosa di desiderato, voglia di staccarsi dai soliti problemi, dalla quotidianeità, dalle solite facce, dai soliti panorami.
Ricerca di compagnia, di condivisione, di complicità.
Piena soddisfazione per quanto riguarda le sopraccitate voglie, qualche insoddisfazione per quanto riguarda la ricerca. Questo perché sono riuscita a trovare compagnia e condivisione solo per i primi 40 Km e poi?
Poi… via in solitudine ma con determinazione.
mappa del percorso

Ma procediamo con ordine: appuntamento alle 10.30 del mattino a Monzambano all’incrocio tra la ciclabile e la strada che porta a Valeggio sul Mincio.
Così alle 9.40 inforco la mia MontainBike a Solferino e pedalo di buona lena per i 15 Km che mi separano dal luogo dell’appuntamento. La mattinata è serena e mi gusto le strade secondarie passando per la Madonna della Scoperta, Pozzolengo, S.Pietro ed infine Monzambano dove incontro una mia collega che mi augura BUONA PASSEGGIATA, incredula dei miei propositi.
Puntuale, alle 10.30 sono al luogo del ritrovo ma i miei compagni di ventura tardano ad arrivare. Finalmente, alle 11.15, compaiono: sono due ragazzi e due ragazze provenienti da Venezia, scesi dal treno a Peschiera del Garda. Hanno già pedalato sulla ciclabile che costeggia il Mincio in uscita dal Lago di Garda e passante davanti alla diga di Peschiera.
Finalmente ci avviamo verso Borghetto che raggiungiamo quasi in fila indiana dato il delirio di ciclisti presenti sulla via. I compagni veneziani giustamente vogliono visitare il borgo e così, bicicletta alla mano, ci apprestiamo a guardarci attorno e a fotografare i punti più suggestivi. 
lucchetti a Borghetto
Il quantitativo di turisti è davvero impressionante e così decidiamo di allontanarci e di fermarci per il pranzo al prossimo punto di ristoro a Bozzolo, sempre sulla ciclabile lungo il Mincio verso Mantova. Lesti lesti raggiungiamo questo luogo e qui ci fermiamo fino alle ore 14.00 e godendoci il panorama, il sole caldo e la piacevole compagnia.

Pozzolo vista Mincio
lago di mezzo di Mantova

                                       













gruppo sul lungolago di Mantova
Dopo pranzo ripartiamo e ci dirigiamo verso Mantova che raggiungiamo alle 15.40 dopo un piacevole percorso ricco di chiacchiere, di paesaggi campestri e di tempo soleggiato con lento ma inesorabile avvicinamento di nuvole e di possibile temporale.

ciclabile tra Pozzolo e Mantova










A Mantova scendiamo di sella e ci concediamo un fantastico gelato artigianale, proprio di fronte al Palazzo Ducale.
I ragazzi veneziani sono soddisfatti: hanno raggiunto il loro obiettivo e si apprestano ad andare in stazione per salire sul treno che li riporterà a Venezia. Uno di loro sarebbe fortemente tentato di farmi compagnia per il prosieguo del viaggio, ma la sorpresa dell’evento e la mancata preparazione lo fanno desistere. A malincuore si offre solamente di accompagnarmi al punto estremo, quello di fuoriuscita dalla città di Mantova. Sono le 16.10 e al semaforo di via Risorgimento, quasi di fronte allo stadio, le nostre strade si dividono.
Qui comincia la mia vera avventura: sono sola, su una ciclabile che non conoscoe con una MontainBike che non è la mia abituale bicicletta, troppo pesante, troppo dura da spingere. D’altronde l’ho preferita a quella da corsa proprio per la scarsa conoscenza del percorso.
I primi Km mi trovano piuttosto tesa: la ciclabile costeggia la statale che va da Mantova a Pietole e troppa è la paura di non vedere qualche deviazione, di non riuscire a raggiungere l’argine del Mincio che mi dovrà accompagnare fino a Governalo. La mappa che ho scaricato sul cellulare parla di Pietole Vecchia, ma sul percorso nessun cartello mi indirizza da quella parte.
Poi finalmente un’indicazione verso Andes e il percorso si allontana dalla statale. Comincio a rilassarmi e a godere del panorama: sono all’interno di un parco, alla destra del Mincio, anche se la presenza di questo si percepisce solo. La direzione è quella per Bagnolo San Vito anche se un divieto ad un incrocio mi fa dubitare delle mie scelte. Tentenno, avanzo e mi ritrovo sulla statale: non può essere quella la giusta strada. Torno sui miei passi e decido di imboccare la strada col divieto mentre cominciano a scendere i primi goccioloni di pioggia.
E’ la scelta giusta: rincuorata accelero il passo e lesta lesta pedalo verso Bagnolo San Vito, lasciandomi alle spalle il temporale.
Giunta nei pressi di Bagnolo San Vito nuovo incrocio: un cartello a destra segna l’argine del Mincio ed uno a sinistra, contemporaneamente, indica un altro percorso ciclabile. Sono dubbiosa: vedo in lontananza una signora che passeggia e decido di raggiungerla per farmi consigliare. La signora sta facendo il consueto giretto quotidiano con le cuffiette e con un sorriso mi dice che posso scegliere l’uno o l’altro percorso: entrambi mi porteranno a Governolo.
ciclabile tra San Vito e Governolo

Opto per quello di sinistra, sull’argine del Mincio e la scelta è vincente perché mi ritrovo su uno splendido sentiero, leggermente rialzato rispetto al letto del fiume, ma parallelo e dominante quest’ultimo. Il panorama è spettacolare e le foto scaricate lo dimostrano.

Ansa nel Po
Diga Po/Mincio
Segnaletica dopo Governolo
Po

 Una volta ultimato il sentiero dell’argine, dove ho incrociato una coppia in MontainBike e un gruppetto di ciclisti che andavano in senso contrario, mi ritrovo a Governolo, esattamente dove il Mincio entra nel Po, confluenza regolata da una diga. Da questo momento in poi, ad accompagnarmi sarà il Po, il più lungo fiume d’Italia: me lo ritrovo alla mia destra, in un susseguirsi di anse e di ampliamenti.






























Ormai è pomeriggio inoltrato, il temporale sembra ormai scongiurato e la stanchezza comincia a farsi sentire. Mi convinco che la scelta migliore sia quella di pedalare fino al massimo alle 18.30/18.45 e poi cominciare a cercare dove trascorrere la notte. Guardando la cartina avevo ipotizzato di fermarmi nei pressi di Sermide ma ora non più così sicura di poterci arrivare entro un tempo ragionevole. Oltretutto il cellulare sta per scaricarsi e temo di non riuscire ad utilizzarlo per la ricerca dell’alloggio. Così, essendo Ostiglia a pochi Km, decido di iniziare le mie ricerche proprio da questa cittadina.
Ostiglia

Attracco navi sul Po

Sull’argine incontro due signore che parlottano del più e del meno, con le loro biciclette a mano. Mi avvicino e chiedo loro se mi sanno indicare un posto dove poter trascorrere la notte. Gentilissima, una delle due mi indica l’hotel Ciminiera, proprio di fronte a casa sua: mi indica la strada, addirittura mi dà il numero del suo cellulare, pronta ad ospitarmi per la notte, qualora non dovessi trovare posto in albergo.
Ringrazio, seguo le indicazioni e raggiungo l’albergo senza alcun intoppo. Sono le 19.00: l’ora giusta per scendere di sella, rilassarsi un attimo, fare una doccia ristoratrice e poi concedersi una lauta cena. In realtà quest’ultima cede il posto ad una semplice pizza e poi la serata termina con la visione di un vecchio film, comodamente adagiata sul letto.
L’indomani mattina, sveglia alle 7.30, lauta colazione alle 8.00 e poi via verso il raggiungimento dell’obiettivo Ferrara.
Sono di ottimo umore, il panorama soleggiato contribuisce a rilassarmi, la ciclabile è davvero bella e ben tenuta e il Po è proprio lì a due passi, alla mia destra. E proprio questo è il problema: secondo la mappa che mi ero scaricata avrei dovuto percorrere il margine destro del Po ed invece, avendo il fiume alla mia destra, significa che sto pedalando sull’argine sinistro. Ecco perché non ho ancora trovato cartelli che mi indichino località come Sermide o Revere! Decido di studiare con più attenzione la segnaletica lungo il percorso e scopro così che mi trovo nella provincia di Rovigo, che sto andando verso il mare e che, se voglio raggiungere Ferrara, l’unica possibilità a mia disposizione è quella di attraversare il Po in località Ficarolo e di riprendere l’argine destro in località Stellata. Così faccio, dopo aver chiesto conferma a dei manutentori lungo l’argine.
 Sono un po’ preoccupata, in primis per il rischio corso di sbagliare strada e poi perché il ponte sul fiume è sulla strada provinciale e temo il traffico.

Per fortuna tutto va per il meglio: il ponte sul Po non è molto lungo e neppure particolarmente trafficato. Aldilà di esso mi ritrovo in località Stellata in territorio ferrarese e facilmente raggiungo l’argine e pedalo lesta lesta verso Bondeno.
Dopo circa 10 Km raggiungo questa cittadina: mi piacerebbe visitarla perché mi hanno segnalato la presenza di una chiesa con degli splendidi dipinti/affreschi, ma sono un po’ in ritardo sulla mia tabella di marcia e temo di avere degli intoppi nel prendere il treno a Ferrara. 
Strada per Bondeno
Ponte sul Po
Così tiro dritto e, dopo un paio di incroci scarsamente segnalati e le domande ad alcuni passanti, imbocco il sentiero Burana che mi porterà direttamente a Ferrara.
E’ un sentiero asfaltato, di dimensione da permettere il passaggio di due sole biciclette affiancate: andata e ritorno, completamente ombreggiato, avendo alberi su entrambi i suoi margini. Inizia con un ponte in ferro e si snoda per circa 15 Km fino a portarti alla periferia di Ferrara.


Sentiero Burana












Ed ecco la città: sono le ore 13.00 e sono più che soddisfatta. Ci sono riuscita! e raggiante fermo un passante ciclista e mi faccio fare una foto sotto il cartello FERRARA CITTA’ DELLA BICICLETTA.

Castello degli Estensi
Castello degli Estensi
























Chiesa a Padova
Faccio una breve sosta in stazione per accertarmi di poter prendere il treno delle ore 14.57 e poi ho tutto il tempo per fare un giro in centro, vedere il castello degli Estensi e fermarmi al parco per un frugale pranzo al sacco. Alle 14.20 mi avvio in stazione e prendo prima il treno che mi porterà a Padova e, dopo circa 40 minuti di sosta in città, un ulteriore treno che mi porta direttamente a Desenzano (arrivo previsto ore 18.26).













E poi via, di nuovo in sella, per gli ultimi 15 Km che mi riportano a casa, dove arrivo alle ore 19.00.
La mia avventura è terminata: ne valeva davvero la pena!
Sono contenta, soddisfatta, orgogliosa e ancora una volta il mio motto è: VOLERE E’ POTERE! O, come direbbero i miei amici di BAG, MAI MOLAR!
Papaveri a Desenzano
Vaccarolo
Rientro a casa!
            
               















Ornella Puricelli

mercoledì 9 maggio 2018

“RESISTERE, BISOGNA”

“Adattarsi, bisogna” diceva il saggio Efix alle dame Pintor. Resistere, dico io, a tutti coloro che fanno qualsiasi sport. Resistere per imparare, migliorare, andare oltre. A maggior ragione, se l’attività fisica praticata rientra tra quelle di lunga durata, imparare quest’arte, diventa fondamentale. Per venirci incontro, diamone una definizione.
La resistenza è la capacità di protrarre un’attività fisica nel tempo senza che diminuisca l’intensità di lavoro. Essa si sviluppa in maniere differenti a seconda delle specialità in cui è applicata, e prende nomi diversi in base alla quantità e tipologia di muscoli coinvolti, ai meccanismi energetici utilizzati, alla durata. Per quanto riguarda quella muscolare, abbiamo:
1.       resistenza generale: si riferisce alla capacità di eseguire per un lungo tempo un’attività fisica che impegni sia l’apparato cardiorespiratorio che gran parte delle masse muscolari,
2.       resistenza locale: è la capacità di una limitata parte di muscolatura di seguire un lavoro a lungo,
3.       resistenza specifica: è il particolare tipo di resistenza richiesto per eseguire un lavoro duraturo.
Se analizzata in base ai meccanismi energetici è definita:
1.       resistenza aerobica: il lavoro muscolare compiuto proviene prevalentemente dalla combustione di glucidi e grassi, può essere protratto per molto tempo e le tensioni muscolari sviluppate sono piuttosto basse,
2.       resistenza anaerobica: la trasformazione di glucidi, grassi e proteine avviene in anossia. Il meccanismo principalmente sollecitato è quello lattacido e le tensioni muscolari possono essere protratte per un tempo relativamente lungo.
L’importanza del meccanismo aerobico, piuttosto che di quello anaerobico, varia a seconda dell’intensità dello sforzo e della sua durata.
Se messa in relazione con la durata, è detta:
1.       resistenza di lunga durata: attività aerobica con prevalente impegno di apparati cardiocircolatorio e respiratorio. Prevede un impegno fisico che va da poco meno di 10 min a 2/3 ore.
2.       resistenza di media durata: coinvolge sia il meccanismo aerobico, che quello anaerobico-lattacido. Il lavoro può durare da 2 a 8 min.
3.       resistenza di breve durata: predominante l’impegno del meccanismo anaerobico-lattacido. Richiede un buon sviluppo della resistenza alla forza (capacità dell’organismo di opporsi alla fatica in prestazioni con richiesta di forza prolungata nel tempo e con elevate esigenze di resistenza locale) ed alla velocità (capacità del muscolo di lavorare a lungo a velocità vicine a quelle massime di un soggetto.) Il lavoro può essere protratto da 45 a 120 secondi.
La resistenza è notevolmente influenzata da dei fattori fisiologici, che possono dipendere da componenti centrali (capacità di trasportare molto ossigeno dai polmoni ai muscoli) e da componenti periferiche (capacità di distribuzione del sangue ai muscoli più impegnati). Di notevole influsso sono anche i fattori tecnici, dovuti alla preparazione fisica, e quelli psicologici.
I principali metodi per migliorare la resistenza sono i metodi continui o quelli interrotti da pause.
I metodi continui, sono i più indicati nella fase giovanile. Rappresentano la base su cui costruire allenamenti più specifici e permettere un pronto recupero tra un allenamento e l’altro. Tali pratiche a loro volta si suddividono in tre tipi di attività:
-          a velocità costante: miglioramento del sistema aerobico. Con l’aumentare dell’intensità del lavoro, è possibile agire per migliorare il sistema anaerobico-lattacido,
-          a ritmo variabile: prevede l’alternarsi di fasi di lavoro a maggiore e minore impegno. Il metodo più conosciuto è il fartlek. Negli ultimi anni, si sta affermando anche il metodo intermittente,
-          a ritmo progressivamente accelerato: molto difficile da gestire, indicato solo per atleti esperti.
I metodi di allenamento interrotti da pause consistono nel ripetere delle distanze con intervalli di recupero che variano tra 45 secondi e qualche minuto. Comprendono:
-          metodi intervallati: permettono di svolgere lavori con un intensità maggiore di quelli svolti in un’attività continua e simili alle prestazioni da competizione. Obiettivo principale: sviluppare la capacità anaerobica lattacida,
-          metodi delle ripetizioni: consistono nel ripetere distanze o tempi di lavoro brevi e mediamente brevi, con recuperi completi. Se invece si utilizzano recuperi incompleti all’interno delle serie e completi tra una serie e l’altra, il metodo viene chiamato per serie e ripetizione,
-          circuit training: lavoro a stazioni atto a sollecitare le principali masse muscolari.
Per chi pratica attività di resistenza, un parametro importante da conoscere è la propria soglia anaerobica, ovvero il massimo livello di intensità di uno sforzo prolungato che può essere mantenuto senza innalzare il livello di acidità nei muscoli. Andare oltre vorrebbe dire far intervenire i meccanismi di difesa che costringerebbero a ridurre l’intensità dell’esercizio. Essa rappresenta quindi la linea di demarcazione tra un esercizio moderato ed uno intenso. Altro fattore determinante per la scelta degli esercizi e del percorso di crescita, è l’età dell’atleta. Il periodo più indicato per lo sviluppo della resistenza è tra i 10 e i 15 anni: a quest’età infatti il rapporto peso/potenza è ottimale. Tra i 17 e i 18 anni si raggiunge invece la capacità massima di resistenza. Gli adolescenti risultano inoltre particolarmente adatti a carichi di resistenza di tipo aerobico, per l’elevata plasticità del cuore. Gli sportivi allenati nella resistenza mantengono oltretutto una capacità di prestazione straordinariamente elevata durante tutta la loro vita: un netto decremento delle prestazioni non sopraggiunge prima dei 70 anni.
Tenendo conto dei benefici fisici dati dallo sport e dall’allenamento costante, non solo alla resistenza, ma ad ogni aspetto sportivo, risultano immediatamente chiari i motivi per cui tale pratica diventa determinante: migliorare le capacità di recupero, ridurre i traumi, aumentare la sopportazione psicologica della fatica, diminuire gli errori tecnici, stabilizzare la salute. Questi e molti altri fattori, non hanno solo ripercussioni positive sulla vita agonista dell’atleta, bensì portano ad enormi benefici per la qualità stessa dell’esistenza di ogni individuo. Tale condotta va pertanto adottata non solo in ambito sportivo, bensì in ogni risvolto quotidiano, perché non solo insegna a vivere, ma è essa stessa vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
                                                                                                                                   Ambra Natati