martedì 22 maggio 2018

Un'avventura in solitaria. Ciclabile tra Mantova e Ferrara


Voglia di evasione, voglia di divertirsi, voglia di stancarsi facendo qualcosa di desiderato, voglia di staccarsi dai soliti problemi, dalla quotidianeità, dalle solite facce, dai soliti panorami.
Ricerca di compagnia, di condivisione, di complicità.
Piena soddisfazione per quanto riguarda le sopraccitate voglie, qualche insoddisfazione per quanto riguarda la ricerca. Questo perché sono riuscita a trovare compagnia e condivisione solo per i primi 40 Km e poi?
Poi… via in solitudine ma con determinazione.
mappa del percorso

Ma procediamo con ordine: appuntamento alle 10.30 del mattino a Monzambano all’incrocio tra la ciclabile e la strada che porta a Valeggio sul Mincio.
Così alle 9.40 inforco la mia MontainBike a Solferino e pedalo di buona lena per i 15 Km che mi separano dal luogo dell’appuntamento. La mattinata è serena e mi gusto le strade secondarie passando per la Madonna della Scoperta, Pozzolengo, S.Pietro ed infine Monzambano dove incontro una mia collega che mi augura BUONA PASSEGGIATA, incredula dei miei propositi.
Puntuale, alle 10.30 sono al luogo del ritrovo ma i miei compagni di ventura tardano ad arrivare. Finalmente, alle 11.15, compaiono: sono due ragazzi e due ragazze provenienti da Venezia, scesi dal treno a Peschiera del Garda. Hanno già pedalato sulla ciclabile che costeggia il Mincio in uscita dal Lago di Garda e passante davanti alla diga di Peschiera.
Finalmente ci avviamo verso Borghetto che raggiungiamo quasi in fila indiana dato il delirio di ciclisti presenti sulla via. I compagni veneziani giustamente vogliono visitare il borgo e così, bicicletta alla mano, ci apprestiamo a guardarci attorno e a fotografare i punti più suggestivi. 
lucchetti a Borghetto
Il quantitativo di turisti è davvero impressionante e così decidiamo di allontanarci e di fermarci per il pranzo al prossimo punto di ristoro a Bozzolo, sempre sulla ciclabile lungo il Mincio verso Mantova. Lesti lesti raggiungiamo questo luogo e qui ci fermiamo fino alle ore 14.00 e godendoci il panorama, il sole caldo e la piacevole compagnia.

Pozzolo vista Mincio
lago di mezzo di Mantova

                                       













gruppo sul lungolago di Mantova
Dopo pranzo ripartiamo e ci dirigiamo verso Mantova che raggiungiamo alle 15.40 dopo un piacevole percorso ricco di chiacchiere, di paesaggi campestri e di tempo soleggiato con lento ma inesorabile avvicinamento di nuvole e di possibile temporale.

ciclabile tra Pozzolo e Mantova










A Mantova scendiamo di sella e ci concediamo un fantastico gelato artigianale, proprio di fronte al Palazzo Ducale.
I ragazzi veneziani sono soddisfatti: hanno raggiunto il loro obiettivo e si apprestano ad andare in stazione per salire sul treno che li riporterà a Venezia. Uno di loro sarebbe fortemente tentato di farmi compagnia per il prosieguo del viaggio, ma la sorpresa dell’evento e la mancata preparazione lo fanno desistere. A malincuore si offre solamente di accompagnarmi al punto estremo, quello di fuoriuscita dalla città di Mantova. Sono le 16.10 e al semaforo di via Risorgimento, quasi di fronte allo stadio, le nostre strade si dividono.
Qui comincia la mia vera avventura: sono sola, su una ciclabile che non conoscoe con una MontainBike che non è la mia abituale bicicletta, troppo pesante, troppo dura da spingere. D’altronde l’ho preferita a quella da corsa proprio per la scarsa conoscenza del percorso.
I primi Km mi trovano piuttosto tesa: la ciclabile costeggia la statale che va da Mantova a Pietole e troppa è la paura di non vedere qualche deviazione, di non riuscire a raggiungere l’argine del Mincio che mi dovrà accompagnare fino a Governalo. La mappa che ho scaricato sul cellulare parla di Pietole Vecchia, ma sul percorso nessun cartello mi indirizza da quella parte.
Poi finalmente un’indicazione verso Andes e il percorso si allontana dalla statale. Comincio a rilassarmi e a godere del panorama: sono all’interno di un parco, alla destra del Mincio, anche se la presenza di questo si percepisce solo. La direzione è quella per Bagnolo San Vito anche se un divieto ad un incrocio mi fa dubitare delle mie scelte. Tentenno, avanzo e mi ritrovo sulla statale: non può essere quella la giusta strada. Torno sui miei passi e decido di imboccare la strada col divieto mentre cominciano a scendere i primi goccioloni di pioggia.
E’ la scelta giusta: rincuorata accelero il passo e lesta lesta pedalo verso Bagnolo San Vito, lasciandomi alle spalle il temporale.
Giunta nei pressi di Bagnolo San Vito nuovo incrocio: un cartello a destra segna l’argine del Mincio ed uno a sinistra, contemporaneamente, indica un altro percorso ciclabile. Sono dubbiosa: vedo in lontananza una signora che passeggia e decido di raggiungerla per farmi consigliare. La signora sta facendo il consueto giretto quotidiano con le cuffiette e con un sorriso mi dice che posso scegliere l’uno o l’altro percorso: entrambi mi porteranno a Governolo.
ciclabile tra San Vito e Governolo

Opto per quello di sinistra, sull’argine del Mincio e la scelta è vincente perché mi ritrovo su uno splendido sentiero, leggermente rialzato rispetto al letto del fiume, ma parallelo e dominante quest’ultimo. Il panorama è spettacolare e le foto scaricate lo dimostrano.

Ansa nel Po
Diga Po/Mincio
Segnaletica dopo Governolo
Po

 Una volta ultimato il sentiero dell’argine, dove ho incrociato una coppia in MontainBike e un gruppetto di ciclisti che andavano in senso contrario, mi ritrovo a Governolo, esattamente dove il Mincio entra nel Po, confluenza regolata da una diga. Da questo momento in poi, ad accompagnarmi sarà il Po, il più lungo fiume d’Italia: me lo ritrovo alla mia destra, in un susseguirsi di anse e di ampliamenti.






























Ormai è pomeriggio inoltrato, il temporale sembra ormai scongiurato e la stanchezza comincia a farsi sentire. Mi convinco che la scelta migliore sia quella di pedalare fino al massimo alle 18.30/18.45 e poi cominciare a cercare dove trascorrere la notte. Guardando la cartina avevo ipotizzato di fermarmi nei pressi di Sermide ma ora non più così sicura di poterci arrivare entro un tempo ragionevole. Oltretutto il cellulare sta per scaricarsi e temo di non riuscire ad utilizzarlo per la ricerca dell’alloggio. Così, essendo Ostiglia a pochi Km, decido di iniziare le mie ricerche proprio da questa cittadina.
Ostiglia

Attracco navi sul Po

Sull’argine incontro due signore che parlottano del più e del meno, con le loro biciclette a mano. Mi avvicino e chiedo loro se mi sanno indicare un posto dove poter trascorrere la notte. Gentilissima, una delle due mi indica l’hotel Ciminiera, proprio di fronte a casa sua: mi indica la strada, addirittura mi dà il numero del suo cellulare, pronta ad ospitarmi per la notte, qualora non dovessi trovare posto in albergo.
Ringrazio, seguo le indicazioni e raggiungo l’albergo senza alcun intoppo. Sono le 19.00: l’ora giusta per scendere di sella, rilassarsi un attimo, fare una doccia ristoratrice e poi concedersi una lauta cena. In realtà quest’ultima cede il posto ad una semplice pizza e poi la serata termina con la visione di un vecchio film, comodamente adagiata sul letto.
L’indomani mattina, sveglia alle 7.30, lauta colazione alle 8.00 e poi via verso il raggiungimento dell’obiettivo Ferrara.
Sono di ottimo umore, il panorama soleggiato contribuisce a rilassarmi, la ciclabile è davvero bella e ben tenuta e il Po è proprio lì a due passi, alla mia destra. E proprio questo è il problema: secondo la mappa che mi ero scaricata avrei dovuto percorrere il margine destro del Po ed invece, avendo il fiume alla mia destra, significa che sto pedalando sull’argine sinistro. Ecco perché non ho ancora trovato cartelli che mi indichino località come Sermide o Revere! Decido di studiare con più attenzione la segnaletica lungo il percorso e scopro così che mi trovo nella provincia di Rovigo, che sto andando verso il mare e che, se voglio raggiungere Ferrara, l’unica possibilità a mia disposizione è quella di attraversare il Po in località Ficarolo e di riprendere l’argine destro in località Stellata. Così faccio, dopo aver chiesto conferma a dei manutentori lungo l’argine.
 Sono un po’ preoccupata, in primis per il rischio corso di sbagliare strada e poi perché il ponte sul fiume è sulla strada provinciale e temo il traffico.

Per fortuna tutto va per il meglio: il ponte sul Po non è molto lungo e neppure particolarmente trafficato. Aldilà di esso mi ritrovo in località Stellata in territorio ferrarese e facilmente raggiungo l’argine e pedalo lesta lesta verso Bondeno.
Dopo circa 10 Km raggiungo questa cittadina: mi piacerebbe visitarla perché mi hanno segnalato la presenza di una chiesa con degli splendidi dipinti/affreschi, ma sono un po’ in ritardo sulla mia tabella di marcia e temo di avere degli intoppi nel prendere il treno a Ferrara. 
Strada per Bondeno
Ponte sul Po
Così tiro dritto e, dopo un paio di incroci scarsamente segnalati e le domande ad alcuni passanti, imbocco il sentiero Burana che mi porterà direttamente a Ferrara.
E’ un sentiero asfaltato, di dimensione da permettere il passaggio di due sole biciclette affiancate: andata e ritorno, completamente ombreggiato, avendo alberi su entrambi i suoi margini. Inizia con un ponte in ferro e si snoda per circa 15 Km fino a portarti alla periferia di Ferrara.


Sentiero Burana












Ed ecco la città: sono le ore 13.00 e sono più che soddisfatta. Ci sono riuscita! e raggiante fermo un passante ciclista e mi faccio fare una foto sotto il cartello FERRARA CITTA’ DELLA BICICLETTA.

Castello degli Estensi
Castello degli Estensi
























Chiesa a Padova
Faccio una breve sosta in stazione per accertarmi di poter prendere il treno delle ore 14.57 e poi ho tutto il tempo per fare un giro in centro, vedere il castello degli Estensi e fermarmi al parco per un frugale pranzo al sacco. Alle 14.20 mi avvio in stazione e prendo prima il treno che mi porterà a Padova e, dopo circa 40 minuti di sosta in città, un ulteriore treno che mi porta direttamente a Desenzano (arrivo previsto ore 18.26).













E poi via, di nuovo in sella, per gli ultimi 15 Km che mi riportano a casa, dove arrivo alle ore 19.00.
La mia avventura è terminata: ne valeva davvero la pena!
Sono contenta, soddisfatta, orgogliosa e ancora una volta il mio motto è: VOLERE E’ POTERE! O, come direbbero i miei amici di BAG, MAI MOLAR!
Papaveri a Desenzano
Vaccarolo
Rientro a casa!
            
               















Ornella Puricelli

mercoledì 9 maggio 2018

“RESISTERE, BISOGNA”

“Adattarsi, bisogna” diceva il saggio Efix alle dame Pintor. Resistere, dico io, a tutti coloro che fanno qualsiasi sport. Resistere per imparare, migliorare, andare oltre. A maggior ragione, se l’attività fisica praticata rientra tra quelle di lunga durata, imparare quest’arte, diventa fondamentale. Per venirci incontro, diamone una definizione.
La resistenza è la capacità di protrarre un’attività fisica nel tempo senza che diminuisca l’intensità di lavoro. Essa si sviluppa in maniere differenti a seconda delle specialità in cui è applicata, e prende nomi diversi in base alla quantità e tipologia di muscoli coinvolti, ai meccanismi energetici utilizzati, alla durata. Per quanto riguarda quella muscolare, abbiamo:
1.       resistenza generale: si riferisce alla capacità di eseguire per un lungo tempo un’attività fisica che impegni sia l’apparato cardiorespiratorio che gran parte delle masse muscolari,
2.       resistenza locale: è la capacità di una limitata parte di muscolatura di seguire un lavoro a lungo,
3.       resistenza specifica: è il particolare tipo di resistenza richiesto per eseguire un lavoro duraturo.
Se analizzata in base ai meccanismi energetici è definita:
1.       resistenza aerobica: il lavoro muscolare compiuto proviene prevalentemente dalla combustione di glucidi e grassi, può essere protratto per molto tempo e le tensioni muscolari sviluppate sono piuttosto basse,
2.       resistenza anaerobica: la trasformazione di glucidi, grassi e proteine avviene in anossia. Il meccanismo principalmente sollecitato è quello lattacido e le tensioni muscolari possono essere protratte per un tempo relativamente lungo.
L’importanza del meccanismo aerobico, piuttosto che di quello anaerobico, varia a seconda dell’intensità dello sforzo e della sua durata.
Se messa in relazione con la durata, è detta:
1.       resistenza di lunga durata: attività aerobica con prevalente impegno di apparati cardiocircolatorio e respiratorio. Prevede un impegno fisico che va da poco meno di 10 min a 2/3 ore.
2.       resistenza di media durata: coinvolge sia il meccanismo aerobico, che quello anaerobico-lattacido. Il lavoro può durare da 2 a 8 min.
3.       resistenza di breve durata: predominante l’impegno del meccanismo anaerobico-lattacido. Richiede un buon sviluppo della resistenza alla forza (capacità dell’organismo di opporsi alla fatica in prestazioni con richiesta di forza prolungata nel tempo e con elevate esigenze di resistenza locale) ed alla velocità (capacità del muscolo di lavorare a lungo a velocità vicine a quelle massime di un soggetto.) Il lavoro può essere protratto da 45 a 120 secondi.
La resistenza è notevolmente influenzata da dei fattori fisiologici, che possono dipendere da componenti centrali (capacità di trasportare molto ossigeno dai polmoni ai muscoli) e da componenti periferiche (capacità di distribuzione del sangue ai muscoli più impegnati). Di notevole influsso sono anche i fattori tecnici, dovuti alla preparazione fisica, e quelli psicologici.
I principali metodi per migliorare la resistenza sono i metodi continui o quelli interrotti da pause.
I metodi continui, sono i più indicati nella fase giovanile. Rappresentano la base su cui costruire allenamenti più specifici e permettere un pronto recupero tra un allenamento e l’altro. Tali pratiche a loro volta si suddividono in tre tipi di attività:
-          a velocità costante: miglioramento del sistema aerobico. Con l’aumentare dell’intensità del lavoro, è possibile agire per migliorare il sistema anaerobico-lattacido,
-          a ritmo variabile: prevede l’alternarsi di fasi di lavoro a maggiore e minore impegno. Il metodo più conosciuto è il fartlek. Negli ultimi anni, si sta affermando anche il metodo intermittente,
-          a ritmo progressivamente accelerato: molto difficile da gestire, indicato solo per atleti esperti.
I metodi di allenamento interrotti da pause consistono nel ripetere delle distanze con intervalli di recupero che variano tra 45 secondi e qualche minuto. Comprendono:
-          metodi intervallati: permettono di svolgere lavori con un intensità maggiore di quelli svolti in un’attività continua e simili alle prestazioni da competizione. Obiettivo principale: sviluppare la capacità anaerobica lattacida,
-          metodi delle ripetizioni: consistono nel ripetere distanze o tempi di lavoro brevi e mediamente brevi, con recuperi completi. Se invece si utilizzano recuperi incompleti all’interno delle serie e completi tra una serie e l’altra, il metodo viene chiamato per serie e ripetizione,
-          circuit training: lavoro a stazioni atto a sollecitare le principali masse muscolari.
Per chi pratica attività di resistenza, un parametro importante da conoscere è la propria soglia anaerobica, ovvero il massimo livello di intensità di uno sforzo prolungato che può essere mantenuto senza innalzare il livello di acidità nei muscoli. Andare oltre vorrebbe dire far intervenire i meccanismi di difesa che costringerebbero a ridurre l’intensità dell’esercizio. Essa rappresenta quindi la linea di demarcazione tra un esercizio moderato ed uno intenso. Altro fattore determinante per la scelta degli esercizi e del percorso di crescita, è l’età dell’atleta. Il periodo più indicato per lo sviluppo della resistenza è tra i 10 e i 15 anni: a quest’età infatti il rapporto peso/potenza è ottimale. Tra i 17 e i 18 anni si raggiunge invece la capacità massima di resistenza. Gli adolescenti risultano inoltre particolarmente adatti a carichi di resistenza di tipo aerobico, per l’elevata plasticità del cuore. Gli sportivi allenati nella resistenza mantengono oltretutto una capacità di prestazione straordinariamente elevata durante tutta la loro vita: un netto decremento delle prestazioni non sopraggiunge prima dei 70 anni.
Tenendo conto dei benefici fisici dati dallo sport e dall’allenamento costante, non solo alla resistenza, ma ad ogni aspetto sportivo, risultano immediatamente chiari i motivi per cui tale pratica diventa determinante: migliorare le capacità di recupero, ridurre i traumi, aumentare la sopportazione psicologica della fatica, diminuire gli errori tecnici, stabilizzare la salute. Questi e molti altri fattori, non hanno solo ripercussioni positive sulla vita agonista dell’atleta, bensì portano ad enormi benefici per la qualità stessa dell’esistenza di ogni individuo. Tale condotta va pertanto adottata non solo in ambito sportivo, bensì in ogni risvolto quotidiano, perché non solo insegna a vivere, ma è essa stessa vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
                                                                                                                                   Ambra Natati

venerdì 27 aprile 2018

IL LASCITO DELLA GIOVINEZZA: AMICIZIA E SPORT

26 Aprile 2018, ore 17. Caldo afoso, tipico dei mesi estivi. Sol leone, clima vacanziero, animo leggero, spensieratezza giovanile. In un tale idillio, si collocano due giovani ragazzi, amanti della vita e della natura. Ambra e Paste. Due studenti, due amici, due irreducibili sportivi. Pieni di gioiosa intraprendenza, si mettono d’accordo per vedersi a Castiglione, per fare un giro in bici.
Sono in ritardo, dannatamente in ritardo. A quest’ora dovrei già essere davanti al Gonzaga, per raggiungere Paste. Sono invece bloccata nella densa marmellata di traffico convulso. Una chiamata, due. Rispondo. Sto arrivando. Riattacco. Parcheggio davanti all’istituto scolastico e mi concedo un attimo per guardare quello strano ragazzo, senza che se ne accorga. In un attimo mi rendo conto di avere il sorriso sulle labbra. So che sarà una giornata perfetta. Adoro fare attività fisica in compagnia di persone a cui voglio bene. Adoro Paste. Adoro tutto questo.
Si accorge di me. Mio malgrado, sono costretta a raggiungerlo, staccandomi dai miei placidi pensieri. Scarico la bicicletta e siamo pronti a partire.
Attraversiamo insieme il paese, raggiungiamo la periferia e ci inoltriamo nella campagna deserta, alla volta di Solferino. Il tragitto non è pesante, milioni di parole ci distraggono dalla fatica, permettendoci di conoscerci più a fondo, rafforzando un rapporto già di per sé molto saldo. La prima salita ci rende momentaneamente silenziosi. I muscoli che si fanno duri, il fiato che si fa corto. Mi sento insolitamente bene. Ho voglia di parlare, di ridere. Ho una tremenda voglia di vivere.
Le prime avvisaglie di stanchezza si fanno sentire sulla strada che porta a Lonato. Il sole cocente ci colpisce in pieno volto. Il traffico non ci permette di stare affiancati, riducendo molto la conversazione. Il colpo di grazia ci viene inferto dalla salita del Tira-collo, affrontato con un’incosciente spensieratezza, non sfruttando tutti i rapporti della catena. Arriviamo in cima alla salita stanchi ed affannati. Fortunatamente siamo giovani e sportivi. Una discesa e la fatica è presto dimenticata.
Con mio enorme stupore, scopro che Paste non ha mai visitato la Rocca di Lonato. Corriamo subito ai ripari, colmando questa terribile lacuna.  Lo porto in cima, godiamo insieme del meraviglioso panorama, concedendoci un momento di riposo. Un goccio di acqua della fontanella, e siamo presto pronti a ripartire.
Questa volta a guidare è Paste. Mi riporta verso Castiglione, prendendo una strada che mi è sconosciuta. La natura incontaminata è di nuovo la protagonista dello scenario circostante. Pedaliamo affiancati per lungo tempo. La strada priva di traffico, risuona delle nostre voci, delle nostre risate, della nostra giovinezza. Dopo aver superato anche la piccola Esenta, siamo nuovamente a Castiglione. L’incantesimo si spezza, d’un tratto ci rendiamo conto di aver esaurito il tempo, il nostro tempo. Dopo averlo sonoramente battuto nella volata finale, Paste mi aiuta a ricaricare in macchina la bicicletta, lo ringrazio abbracciandolo, e lo saluto.
Tornando verso casa, penso a quando avrò di nuovo la possibilità di passare un pomeriggio bello e disteso come questo, in compagnia di un ragazzo così spontaneo, dolce e simpatico, condividendo passioni sportive, dalla bicicletta al basket. Spero presto, molto presto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
                                                                                                                                      Ambra Natati


giovedì 19 aprile 2018

LO SPORT: PATHOS, NON IMPROVVISAZIONE

Piccola chicca introduttiva: sapete come Milone di Crotone, noto pugile dell’antica Grecia, riuscì a rimanere imbattuto per circa 20 anni? Pare che sviluppò la sua leggendaria forza muscolare sollevando tutti i giorni un vitello, potenziando le capacità atte a permettergli di innalzare sopra la testa un bue!
Con tale curiosità, intendo parlare di un argomento che mi sta particolarmente a cuore, l’importanza di allenarsi. Innanzitutto diamo una definizione del termine “allenamento”: esso si configura come un processo sistematico mediante il quale si determinano dei cambiamenti nell’organismo, che permettono ad un atleta di migliorare il suo livello di prestazione. Concetto cardine della pratica è la “supercompensazione”, la particolare capacità dell’organismo di reagire alla fatica indotta da adeguate sollecitazioni, adattandosi ed attrezzandosi per poterne sopportare di ulteriori con maggior prontezza o minor fatica. Gli obiettivi da portare a termine con l’allenamento sono il miglioramento delle capacità fisiche, psichiche, coordinative e cognitive. Tali modifiche vengono apportate mediante due particolari reazioni dell’organismo: l’adattamento (lente ma durature modificazioni che riguardano le strutture sollecitate) e l’aggiustamento (rapida risposta del fisico ad un cambiamento di condizioni esterne). Affinché l’allenamento risulti efficace e porti i suoi frutti, il corpo deve trovarsi in una condizione di affaticamento. Se l’intensità o la quantità degli stimoli (definiti “carico allenante”) non risultano sufficienti alla sollecitazione, il meccanismo di adattamento non si verifica. Tanto importante quanto la mole e la qualità di lavoro, è il riposo. Esso è necessario per permettere un recupero tra un esercizio ed un altro, o per permettere all’organismo di modificare e migliorare le componenti sollecitate con l’attività. Chiunque non si conceda tali periodi, rischia di incappare nello spiacevole inconveniente del sovrallenamento, un vero e proprio stato di malattia che induce un vistoso calo delle prestazioni ed una facile affaticabilità che può perdurare per diversi mesi. Per risolverlo è necessario ridurre la mole di lavoro, curare il riposo, in particolare quello notturno, e l’alimentazione.
Altro elemento da tenere in particolar considerazione, è la scelta degli esercizi da svolgere. Questi possono essere di carattere generale (preparano l’organismo a sopportare lo stress dell’allenamento specifico), speciale (presentano grande affinità con il gesto di gara), o specifico (riproducono in parte o completamente i movimenti della competizione). Una volta scelta la tipologia di azioni da mettere in atto, è bene pianificare, programmare e periodizzare l’allenamento. Solitamente, questo segue un ciclo fatto di tre fasi: il periodo di preparazione (composto da un primo momento di esercizi generali per il miglioramento fisico ed un secondo a carattere speciale), uno agonistico ed uno di transizione (permette all’organismo di recuperare le energie psicofisiche per affrontare un nuovo ciclo di allenamento).
Tali caratteristiche tuttavia, fanno solo da contorno ai punti cardini di una buona preparazione, ovvero: la specificità dei gesti compiuti (tenendo conto della qualità fisiche di ogni atleta), l’individualità di ogni soggetto (tenendo conto di fattori di diversità presenti in ogni situazione), la continuità degli esercizi, e la varietà delle sollecitazioni (tenendo conto del fatto che oltre una certa soglia di preparazione, un costante aumento del carico non è più sufficiente per produrre adattamenti. È necessario allora introdurre variazioni che richiedano all’organismo ulteriori risposte).
Infine mi soffermo brevemente sui momenti imprescindibili di ogni allenamento. Molto importante è il riscaldamento, dal momento che prepara il corpo per l’attività successiva, prevenendo infortuni di ogni sorta. Il passo successivo è la pratica vera e propria, in cui si sviluppano le tecniche motorie e fisiche, ed infine il defaticamento, che gioca un ruolo importante nel ritorno ad uno stato di equilibrio, riducendo il rischio di disturbi muscolari ed articolari.
Anche oggi credo di avervi annoiato abbastanza. Tutto questo nozionismo è volto unicamente a far passare il messaggio secondo cui fare sport è una cosa seria. Occorre pertanto praticarlo con costanza, dedizione ed accortezza. Solo così la pratica ci restituisce tutte le energie che spendiamo, gratificandoci e facendoci amare un po’ di più questo nostro piccolo e grande mondo.
                                                                                                                                           Ambra Natati

                                                                   

mercoledì 11 aprile 2018

COLNAGO CYCLING FESTIVAL: APOTEOSI DELLO SPORT

4000. Un bel numero se non connotasse la quantità di avversari da battere. Ahimè, con la solita fortuna che contraddistingue la famiglia Natati, tale cifra è il sinonimo dell’enorme fatica che dovrò fare, per riuscire ad accaparrarmi il miglior posto, in griglia come all’arrivo.
105. Un'altra meravigliosa cifra, se anch’essa non mi condannasse a pedalare per tutti quei chilometri. Ma l’ultimo migliaio è quello che preferisco: 1400, i metri di dislivello da affrontare, per giungere indenni al termine di questa competizione.
Non sono mai stata molto abile con i numeri, pertanto mi limiterò a narrare i fatti.
Il consueto sparo mi giunge nitido alle orecchie, squarciando la placida quiete primaverile. Il segnale, lo stimolo acustico che mi spinge a dimenticare tutto, a spegnere il cervello ed inserire il pilota automatico. Il fiato corto, le gambe scattanti. Il cuore pompa all’impazzata, i muscoli caldi mi permettono di raggiungere elevate velocità. La prima parte di gara è caratterizzata dal continuo saliscendi della Valtenesi, che rende quasi impossibile trovare una cadenza di pedalata. Il ritmo
altalenante cambia alle pendici di San Michele e delle Coste di Sant’Eusebio. Nella prima delle due scalate, la difficoltà non sta tanto nella pendenza che, tralasciando il primo chilometro, risulta affrontabile, bensì nel dover mantenere una velocità mediamente alta, in relazione alla durezza della salita. Superata la prima asperità, ecco che subito si presenta la seconda, in un continuo rincorrersi di obiettivi e mete: le Coste di Sant’Eusebio, uno stradone infinito lievemente in pendenza e, in virtù di questa, sfibrante. Stringo i denti e continuo nell’impresa, fiduciosa nel fatto che dopo una lunga salita, seguirà una quieta discesa.
La mia speranza diventa realtà nel momento in cui mi addentro nella Val Sabbia, che mi dà occasione di respirare, ma solo temporaneamente. Quando penso di aver finalmente trovato la giusta cadenza, ecco che un gruppo di ciclisti mi supera, iniziando ad aumentare la frequenza, costringendomi a fare altrettanto. Non so dove io riesca a trovare sempre la forza di reagire. Fortunatamente la scovo anche questa volta. Spero di riuscire sempre a riaccendere in me la fiamma dell’orgoglio, della rabbia e della competizione, che mi possa portare a superare eternamente i miei limiti, attraverso l’interminabile fase dell’avvicinamento.
Perdendomi nel flusso dei miei pensieri, contemplando la mia fatica con un occhio esterno, riesco a distrarmi quanto basta per impedirmi di pensare ai pochi chilometri che mi separano dalla meta. Rinsavisco giusto in tempo per godermi l’ultimo e meraviglioso chilometro passante per il centro di Desenzano. Appena posta la ruota anteriore sul pavé del sobborgo, mi rendo conto di essere, ancora una volta, giunta alla meta, soddisfatta e felice. È incredibile quanto lo sport riesca a donare. Le emozioni che mi fa provare lui, non le ho provate mai.

                                                                                            
                                                                                             Scritto di Ambra, esperienza di Erika Natati

venerdì 6 aprile 2018

OGGI CONCRETEZZA: PIRAMIDE ALIMENTARE E DIVERSE DIETE!

“Tu fai discorsi di ampio respiro, amico mio, ma guarda che stasera è dedicata alle poesie brevi”. È vero, lo confesso, come Elio, personaggio nato dall’abile penna di Andrè Aciman, mi perdo nella musicalità delle parole, in ambiziosi esercizi retorici e filosofici, ma inadatti al ruolo che ricopro, alla funzione che svolgo. Questo blog è dedicato ai brevi consigli, immediatamente riscontrabili. Almeno per una volta, voglio mantener fede alla mia citazione preferita, al mio monito maggiore. Mi limiterò a trattare argomenti concreti ed interessanti: la piramide alimentare e due tipi di dieta; a zone e vegetariana. “Non frapporre indugi, mia bella”.
L’alimentazione è uno degli aspetti della vita soggetto agli errori più frequenti e maldestri. È considerata un terreno di gioco personale, dipendente unicamente dalle preferenze di ognuno. Niente di più sbagliato. Innanzitutto nutrirsi bene è prendersi cura del proprio corpo. Oggigiorno la cura dell’aspetto fisico è divenuta talmente preponderante, che l’alimentazione è diventata una scienza. Essa si basa su regole ben precise, racchiuse in schemi alimentari atti ad educare ad un sano rapporto con il cibo. Una di queste schematizzazioni, prende il nome di “piramide alimentare”. Alla base di tale solido, si trovano gli alimenti da consumare quotidianamente ed abbondantemente. In particolare ai piedi della costruzione, troviamo l’acqua, che andrebbe assunta in grandi quantità, almeno 1,5l al giorno. Al secondo posto, troviamo frutta ed ortaggi. Dal terzo in poi, fanno capolino i macronutrienti. I primi a manifestarsi sono i carboidrati, seguiti dalle proteine. Successivamente, troviamo il latte ed i derivati. Al penultimo gradino, fanno la loro comparsa i lipidi. Infine, al vertice della piramide, si affacciano gli alimenti che andrebbero consumati saltuariamente: dolci, vino e birra.
Si, so perfettamente qual è il sentimento comune: anche io sono incapace di rinunciare al dolce, a terminare il pasto con una punta di dolcezza. Dovremmo tutti imparare quantomeno a controllarci. Se tuttavia il solo ausilio della piramide alimentare non fosse sufficiente per controllare il peso e tutti i problemi ad esso collegati, si può sempre provare a far ricorso ad una dieta!
Ci tengo in ogni caso a ricordare a tutti quanto la dieta non sia risolutiva di un problema, dal momento che il fisico, dopo una prima fase di calo sostanziale, si abitua al nuovo regime alimentare, diventando difficilmente modellabile. Pertanto è bene seguire un percorso su consiglio medico, basandosi su dati certi e facendo affidamento su figure professionali. In ogni caso, per dovere puramente informativo, intendo spiegare brevemente il funzionamento di due diete.
Per quanto riguarda quella a zona, essa deve la propria nascita al biochimico americano Barry Sears, il quale sostiene che, equilibrando i tre macronutrienti, si possa raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale. Ciò sarebbe attuabile grazie al controllo ormonale mediato dall’alimentazione.
Per quanto ne concerne quella vegetariana, essa si configura come un totale rifiuto di alimenti di origine animale, consentendo tuttavia l’assunzione di cibi che ne derivino. Essa differisce da quella vegana, in quanto quest’ultima rifiuta anche qualsiasi contatto con prodotti derivanti da esseri viventi. Tale presa di posizione complica il lavoro dell’organismo, in quanto viene a mancare il sostegno fondamentale della vitamina B12, assumibile solo attraverso alimenti di origine e derivazione animale. Per quanto riguarda i vegetariani, essi non incorrono in carenze assolute, tuttavia tale scelta etica, può richiedere un utilizzo di supporti integrativi.


Rapida, indolore e concisa. Così mi voglio, così sono stata. Good job.
                                                                                                                                                                                                 Ambra Natati

martedì 3 aprile 2018

LA FILOSOFIA DEL CIBO

Il terrore di una pagina bianca. L’incapacità di riempirla con alcunché. La fobia più grande di qualsiasi scrittore.
Sono stata ore a guardare il foglio immacolato, senza riuscire a battere nemmeno un carattere. Mi sono ritrovata a pensare ad un incipit, a riflettere sull’attacco giusto, indagando tra i miei interessi, le mie passioni. Finalmente ho trovato il mio prologo. Ho pensato di partire da ciò che amo. Adoro parlare di filosofia, per esempio. È la mia materia preferita, ed i filosofi sono i miei amori platonici. Tra questi spicca il danese Kierkegaard. Mi piaceva l’idea di aprire questo nuovo post citandolo.
“L’uomo per natura è portato a prendere continuamente decisioni, che si configurano come definitive ed assolute, dette <Aut Aut>. Tali scelte, generano nell’uomo uno stato di angoscia perenne”.
Niente di più vero. Ciò è riscontrabile in ogni ambito, anche in quello alimentare. Ognuno di noi si improvvisa dietista e porta avanti regimi alimentari deleteri per l’organismo, vivendo in un perenne stato di angoscia, dato dal sentirsi sempre in difetto, in conflitto con il proprio corpo. Talvolta siamo portati a bandire dalle nostre tavole alimenti essenziali per l’organismo, senza renderci conto del danno che stiamo causando. Tutti gli alimenti sono utili e solo ingerendoli nelle giuste dosi vanno a coprire il fabbisogno giornaliero.
Se si possono fare scelte più oculate per quanto riguarda la natura degli alimenti che contribuiscono alla quota proteica, glucidica e lipidica, non si può rinunciare ad assumere quotidianamente 5 porzioni tra frutta e verdura. È importante ingerire alimenti di colori diversi: bianco, verde, giallo o arancione, rosso e blu o viola. Tali pigmenti denotano la presenza di uno specifico “phytochemical” (scudo protettivo capace di bloccare la crescita di cellule tumorali, malattie come l’arteriosclerosi e potenziare l’azione antiossidante).
Un altro atteggiamento assolutamente distruttivo per la salute psicofisica, passa attraverso l’ennesima dotta citazione, questa volta di origine ben più antica. Il noto detto latino “melius abundare quam deficere”, di certo non va mai preso alla lettera, soprattutto quando si tratta di ingerire alimenti. Facciamo un esempio, per non rimanere troppo sul vago. Le proteine non vanno mai assunte in eccesso, anche se presenti in diete da definizione. Non devono sostituire la quantità di carboidrati e portano ad un sovraccarico di lavoro di reni e fegato, che di certo è deleterio per il fisico. Inoltre è essenziale diversificare le fonti proteiche.
Infine forse è bene trattare l’annoso tema della disidratazione. Il cattivo reintegro di liquidi, conduce a problematiche enormi, ben più ingenti del fastidioso senso di sete. Esso va ad intaccare la capacità dell’organismo di disperdere il calore. Per abbassare la temperatura corporea, il corpo agisce in due tempi: innanzitutto con la vasodilatazione cutanea e successivamente attraverso l’evaporazione del sudore. Il meccanismo di sudorazione parte dal lavoro delle ghiandole sudoripare, che sono in grado di estrarre grandi quantità di liquido extracellulare. Se tali quote non vengono reintegrate a dovere, il liquido extracellulare aumenta la propria concentrazione e l’organismo è costretto a richiamare acqua dal sangue. Ciò porta ad una riduzione del volume ematico, che a sua volta innesca un meccanismo di “conservazione”, che inibisce la sudorazione e l’evaporazione. Il tutto culmina in un aumento del carico di lavoro dell’apparato cardiocircolatorio e della temperatura interna, il cosiddetto “colpo di calore”.
Gli esempi citati, sebbene siano molto diversi tra loro, servono a costruire quella che Marx chiamerebbe una “coscienza di classe”, una consapevolezza dell’importanza di soppesare ogni decisione, tenendo sempre a mente la possibilità di arrecare danni ingenti all’organismo, se questo non viene trattato con cautela e giusta misura. Il corpo è il tempio di ogni individuo. Va valorizzato, curato e protetto. La salute mentale passa attraverso quella fisica!

                                                                                                                               
                                                                                                                                        Ambra Natati