venerdì 27 aprile 2018

IL LASCITO DELLA GIOVINEZZA: AMICIZIA E SPORT

26 Aprile 2018, ore 17. Caldo afoso, tipico dei mesi estivi. Sol leone, clima vacanziero, animo leggero, spensieratezza giovanile. In un tale idillio, si collocano due giovani ragazzi, amanti della vita e della natura. Ambra e Paste. Due studenti, due amici, due irreducibili sportivi. Pieni di gioiosa intraprendenza, si mettono d’accordo per vedersi a Castiglione, per fare un giro in bici.
Sono in ritardo, dannatamente in ritardo. A quest’ora dovrei già essere davanti al Gonzaga, per raggiungere Paste. Sono invece bloccata nella densa marmellata di traffico convulso. Una chiamata, due. Rispondo. Sto arrivando. Riattacco. Parcheggio davanti all’istituto scolastico e mi concedo un attimo per guardare quello strano ragazzo, senza che se ne accorga. In un attimo mi rendo conto di avere il sorriso sulle labbra. So che sarà una giornata perfetta. Adoro fare attività fisica in compagnia di persone a cui voglio bene. Adoro Paste. Adoro tutto questo.
Si accorge di me. Mio malgrado, sono costretta a raggiungerlo, staccandomi dai miei placidi pensieri. Scarico la bicicletta e siamo pronti a partire.
Attraversiamo insieme il paese, raggiungiamo la periferia e ci inoltriamo nella campagna deserta, alla volta di Solferino. Il tragitto non è pesante, milioni di parole ci distraggono dalla fatica, permettendoci di conoscerci più a fondo, rafforzando un rapporto già di per sé molto saldo. La prima salita ci rende momentaneamente silenziosi. I muscoli che si fanno duri, il fiato che si fa corto. Mi sento insolitamente bene. Ho voglia di parlare, di ridere. Ho una tremenda voglia di vivere.
Le prime avvisaglie di stanchezza si fanno sentire sulla strada che porta a Lonato. Il sole cocente ci colpisce in pieno volto. Il traffico non ci permette di stare affiancati, riducendo molto la conversazione. Il colpo di grazia ci viene inferto dalla salita del Tira-collo, affrontato con un’incosciente spensieratezza, non sfruttando tutti i rapporti della catena. Arriviamo in cima alla salita stanchi ed affannati. Fortunatamente siamo giovani e sportivi. Una discesa e la fatica è presto dimenticata.
Con mio enorme stupore, scopro che Paste non ha mai visitato la Rocca di Lonato. Corriamo subito ai ripari, colmando questa terribile lacuna.  Lo porto in cima, godiamo insieme del meraviglioso panorama, concedendoci un momento di riposo. Un goccio di acqua della fontanella, e siamo presto pronti a ripartire.
Questa volta a guidare è Paste. Mi riporta verso Castiglione, prendendo una strada che mi è sconosciuta. La natura incontaminata è di nuovo la protagonista dello scenario circostante. Pedaliamo affiancati per lungo tempo. La strada priva di traffico, risuona delle nostre voci, delle nostre risate, della nostra giovinezza. Dopo aver superato anche la piccola Esenta, siamo nuovamente a Castiglione. L’incantesimo si spezza, d’un tratto ci rendiamo conto di aver esaurito il tempo, il nostro tempo. Dopo averlo sonoramente battuto nella volata finale, Paste mi aiuta a ricaricare in macchina la bicicletta, lo ringrazio abbracciandolo, e lo saluto.
Tornando verso casa, penso a quando avrò di nuovo la possibilità di passare un pomeriggio bello e disteso come questo, in compagnia di un ragazzo così spontaneo, dolce e simpatico, condividendo passioni sportive, dalla bicicletta al basket. Spero presto, molto presto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
                                                                                                                                      Ambra Natati


giovedì 19 aprile 2018

LO SPORT: PATHOS, NON IMPROVVISAZIONE

Piccola chicca introduttiva: sapete come Milone di Crotone, noto pugile dell’antica Grecia, riuscì a rimanere imbattuto per circa 20 anni? Pare che sviluppò la sua leggendaria forza muscolare sollevando tutti i giorni un vitello, potenziando le capacità atte a permettergli di innalzare sopra la testa un bue!
Con tale curiosità, intendo parlare di un argomento che mi sta particolarmente a cuore, l’importanza di allenarsi. Innanzitutto diamo una definizione del termine “allenamento”: esso si configura come un processo sistematico mediante il quale si determinano dei cambiamenti nell’organismo, che permettono ad un atleta di migliorare il suo livello di prestazione. Concetto cardine della pratica è la “supercompensazione”, la particolare capacità dell’organismo di reagire alla fatica indotta da adeguate sollecitazioni, adattandosi ed attrezzandosi per poterne sopportare di ulteriori con maggior prontezza o minor fatica. Gli obiettivi da portare a termine con l’allenamento sono il miglioramento delle capacità fisiche, psichiche, coordinative e cognitive. Tali modifiche vengono apportate mediante due particolari reazioni dell’organismo: l’adattamento (lente ma durature modificazioni che riguardano le strutture sollecitate) e l’aggiustamento (rapida risposta del fisico ad un cambiamento di condizioni esterne). Affinché l’allenamento risulti efficace e porti i suoi frutti, il corpo deve trovarsi in una condizione di affaticamento. Se l’intensità o la quantità degli stimoli (definiti “carico allenante”) non risultano sufficienti alla sollecitazione, il meccanismo di adattamento non si verifica. Tanto importante quanto la mole e la qualità di lavoro, è il riposo. Esso è necessario per permettere un recupero tra un esercizio ed un altro, o per permettere all’organismo di modificare e migliorare le componenti sollecitate con l’attività. Chiunque non si conceda tali periodi, rischia di incappare nello spiacevole inconveniente del sovrallenamento, un vero e proprio stato di malattia che induce un vistoso calo delle prestazioni ed una facile affaticabilità che può perdurare per diversi mesi. Per risolverlo è necessario ridurre la mole di lavoro, curare il riposo, in particolare quello notturno, e l’alimentazione.
Altro elemento da tenere in particolar considerazione, è la scelta degli esercizi da svolgere. Questi possono essere di carattere generale (preparano l’organismo a sopportare lo stress dell’allenamento specifico), speciale (presentano grande affinità con il gesto di gara), o specifico (riproducono in parte o completamente i movimenti della competizione). Una volta scelta la tipologia di azioni da mettere in atto, è bene pianificare, programmare e periodizzare l’allenamento. Solitamente, questo segue un ciclo fatto di tre fasi: il periodo di preparazione (composto da un primo momento di esercizi generali per il miglioramento fisico ed un secondo a carattere speciale), uno agonistico ed uno di transizione (permette all’organismo di recuperare le energie psicofisiche per affrontare un nuovo ciclo di allenamento).
Tali caratteristiche tuttavia, fanno solo da contorno ai punti cardini di una buona preparazione, ovvero: la specificità dei gesti compiuti (tenendo conto della qualità fisiche di ogni atleta), l’individualità di ogni soggetto (tenendo conto di fattori di diversità presenti in ogni situazione), la continuità degli esercizi, e la varietà delle sollecitazioni (tenendo conto del fatto che oltre una certa soglia di preparazione, un costante aumento del carico non è più sufficiente per produrre adattamenti. È necessario allora introdurre variazioni che richiedano all’organismo ulteriori risposte).
Infine mi soffermo brevemente sui momenti imprescindibili di ogni allenamento. Molto importante è il riscaldamento, dal momento che prepara il corpo per l’attività successiva, prevenendo infortuni di ogni sorta. Il passo successivo è la pratica vera e propria, in cui si sviluppano le tecniche motorie e fisiche, ed infine il defaticamento, che gioca un ruolo importante nel ritorno ad uno stato di equilibrio, riducendo il rischio di disturbi muscolari ed articolari.
Anche oggi credo di avervi annoiato abbastanza. Tutto questo nozionismo è volto unicamente a far passare il messaggio secondo cui fare sport è una cosa seria. Occorre pertanto praticarlo con costanza, dedizione ed accortezza. Solo così la pratica ci restituisce tutte le energie che spendiamo, gratificandoci e facendoci amare un po’ di più questo nostro piccolo e grande mondo.
                                                                                                                                           Ambra Natati

                                                                   

mercoledì 11 aprile 2018

COLNAGO CYCLING FESTIVAL: APOTEOSI DELLO SPORT

4000. Un bel numero se non connotasse la quantità di avversari da battere. Ahimè, con la solita fortuna che contraddistingue la famiglia Natati, tale cifra è il sinonimo dell’enorme fatica che dovrò fare, per riuscire ad accaparrarmi il miglior posto, in griglia come all’arrivo.
105. Un'altra meravigliosa cifra, se anch’essa non mi condannasse a pedalare per tutti quei chilometri. Ma l’ultimo migliaio è quello che preferisco: 1400, i metri di dislivello da affrontare, per giungere indenni al termine di questa competizione.
Non sono mai stata molto abile con i numeri, pertanto mi limiterò a narrare i fatti.
Il consueto sparo mi giunge nitido alle orecchie, squarciando la placida quiete primaverile. Il segnale, lo stimolo acustico che mi spinge a dimenticare tutto, a spegnere il cervello ed inserire il pilota automatico. Il fiato corto, le gambe scattanti. Il cuore pompa all’impazzata, i muscoli caldi mi permettono di raggiungere elevate velocità. La prima parte di gara è caratterizzata dal continuo saliscendi della Valtenesi, che rende quasi impossibile trovare una cadenza di pedalata. Il ritmo
altalenante cambia alle pendici di San Michele e delle Coste di Sant’Eusebio. Nella prima delle due scalate, la difficoltà non sta tanto nella pendenza che, tralasciando il primo chilometro, risulta affrontabile, bensì nel dover mantenere una velocità mediamente alta, in relazione alla durezza della salita. Superata la prima asperità, ecco che subito si presenta la seconda, in un continuo rincorrersi di obiettivi e mete: le Coste di Sant’Eusebio, uno stradone infinito lievemente in pendenza e, in virtù di questa, sfibrante. Stringo i denti e continuo nell’impresa, fiduciosa nel fatto che dopo una lunga salita, seguirà una quieta discesa.
La mia speranza diventa realtà nel momento in cui mi addentro nella Val Sabbia, che mi dà occasione di respirare, ma solo temporaneamente. Quando penso di aver finalmente trovato la giusta cadenza, ecco che un gruppo di ciclisti mi supera, iniziando ad aumentare la frequenza, costringendomi a fare altrettanto. Non so dove io riesca a trovare sempre la forza di reagire. Fortunatamente la scovo anche questa volta. Spero di riuscire sempre a riaccendere in me la fiamma dell’orgoglio, della rabbia e della competizione, che mi possa portare a superare eternamente i miei limiti, attraverso l’interminabile fase dell’avvicinamento.
Perdendomi nel flusso dei miei pensieri, contemplando la mia fatica con un occhio esterno, riesco a distrarmi quanto basta per impedirmi di pensare ai pochi chilometri che mi separano dalla meta. Rinsavisco giusto in tempo per godermi l’ultimo e meraviglioso chilometro passante per il centro di Desenzano. Appena posta la ruota anteriore sul pavé del sobborgo, mi rendo conto di essere, ancora una volta, giunta alla meta, soddisfatta e felice. È incredibile quanto lo sport riesca a donare. Le emozioni che mi fa provare lui, non le ho provate mai.

                                                                                            
                                                                                             Scritto di Ambra, esperienza di Erika Natati

venerdì 6 aprile 2018

OGGI CONCRETEZZA: PIRAMIDE ALIMENTARE E DIVERSE DIETE!

“Tu fai discorsi di ampio respiro, amico mio, ma guarda che stasera è dedicata alle poesie brevi”. È vero, lo confesso, come Elio, personaggio nato dall’abile penna di Andrè Aciman, mi perdo nella musicalità delle parole, in ambiziosi esercizi retorici e filosofici, ma inadatti al ruolo che ricopro, alla funzione che svolgo. Questo blog è dedicato ai brevi consigli, immediatamente riscontrabili. Almeno per una volta, voglio mantener fede alla mia citazione preferita, al mio monito maggiore. Mi limiterò a trattare argomenti concreti ed interessanti: la piramide alimentare e due tipi di dieta; a zone e vegetariana. “Non frapporre indugi, mia bella”.
L’alimentazione è uno degli aspetti della vita soggetto agli errori più frequenti e maldestri. È considerata un terreno di gioco personale, dipendente unicamente dalle preferenze di ognuno. Niente di più sbagliato. Innanzitutto nutrirsi bene è prendersi cura del proprio corpo. Oggigiorno la cura dell’aspetto fisico è divenuta talmente preponderante, che l’alimentazione è diventata una scienza. Essa si basa su regole ben precise, racchiuse in schemi alimentari atti ad educare ad un sano rapporto con il cibo. Una di queste schematizzazioni, prende il nome di “piramide alimentare”. Alla base di tale solido, si trovano gli alimenti da consumare quotidianamente ed abbondantemente. In particolare ai piedi della costruzione, troviamo l’acqua, che andrebbe assunta in grandi quantità, almeno 1,5l al giorno. Al secondo posto, troviamo frutta ed ortaggi. Dal terzo in poi, fanno capolino i macronutrienti. I primi a manifestarsi sono i carboidrati, seguiti dalle proteine. Successivamente, troviamo il latte ed i derivati. Al penultimo gradino, fanno la loro comparsa i lipidi. Infine, al vertice della piramide, si affacciano gli alimenti che andrebbero consumati saltuariamente: dolci, vino e birra.
Si, so perfettamente qual è il sentimento comune: anche io sono incapace di rinunciare al dolce, a terminare il pasto con una punta di dolcezza. Dovremmo tutti imparare quantomeno a controllarci. Se tuttavia il solo ausilio della piramide alimentare non fosse sufficiente per controllare il peso e tutti i problemi ad esso collegati, si può sempre provare a far ricorso ad una dieta!
Ci tengo in ogni caso a ricordare a tutti quanto la dieta non sia risolutiva di un problema, dal momento che il fisico, dopo una prima fase di calo sostanziale, si abitua al nuovo regime alimentare, diventando difficilmente modellabile. Pertanto è bene seguire un percorso su consiglio medico, basandosi su dati certi e facendo affidamento su figure professionali. In ogni caso, per dovere puramente informativo, intendo spiegare brevemente il funzionamento di due diete.
Per quanto riguarda quella a zona, essa deve la propria nascita al biochimico americano Barry Sears, il quale sostiene che, equilibrando i tre macronutrienti, si possa raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale. Ciò sarebbe attuabile grazie al controllo ormonale mediato dall’alimentazione.
Per quanto ne concerne quella vegetariana, essa si configura come un totale rifiuto di alimenti di origine animale, consentendo tuttavia l’assunzione di cibi che ne derivino. Essa differisce da quella vegana, in quanto quest’ultima rifiuta anche qualsiasi contatto con prodotti derivanti da esseri viventi. Tale presa di posizione complica il lavoro dell’organismo, in quanto viene a mancare il sostegno fondamentale della vitamina B12, assumibile solo attraverso alimenti di origine e derivazione animale. Per quanto riguarda i vegetariani, essi non incorrono in carenze assolute, tuttavia tale scelta etica, può richiedere un utilizzo di supporti integrativi.


Rapida, indolore e concisa. Così mi voglio, così sono stata. Good job.
                                                                                                                                                                                                 Ambra Natati

martedì 3 aprile 2018

LA FILOSOFIA DEL CIBO

Il terrore di una pagina bianca. L’incapacità di riempirla con alcunché. La fobia più grande di qualsiasi scrittore.
Sono stata ore a guardare il foglio immacolato, senza riuscire a battere nemmeno un carattere. Mi sono ritrovata a pensare ad un incipit, a riflettere sull’attacco giusto, indagando tra i miei interessi, le mie passioni. Finalmente ho trovato il mio prologo. Ho pensato di partire da ciò che amo. Adoro parlare di filosofia, per esempio. È la mia materia preferita, ed i filosofi sono i miei amori platonici. Tra questi spicca il danese Kierkegaard. Mi piaceva l’idea di aprire questo nuovo post citandolo.
“L’uomo per natura è portato a prendere continuamente decisioni, che si configurano come definitive ed assolute, dette <Aut Aut>. Tali scelte, generano nell’uomo uno stato di angoscia perenne”.
Niente di più vero. Ciò è riscontrabile in ogni ambito, anche in quello alimentare. Ognuno di noi si improvvisa dietista e porta avanti regimi alimentari deleteri per l’organismo, vivendo in un perenne stato di angoscia, dato dal sentirsi sempre in difetto, in conflitto con il proprio corpo. Talvolta siamo portati a bandire dalle nostre tavole alimenti essenziali per l’organismo, senza renderci conto del danno che stiamo causando. Tutti gli alimenti sono utili e solo ingerendoli nelle giuste dosi vanno a coprire il fabbisogno giornaliero.
Se si possono fare scelte più oculate per quanto riguarda la natura degli alimenti che contribuiscono alla quota proteica, glucidica e lipidica, non si può rinunciare ad assumere quotidianamente 5 porzioni tra frutta e verdura. È importante ingerire alimenti di colori diversi: bianco, verde, giallo o arancione, rosso e blu o viola. Tali pigmenti denotano la presenza di uno specifico “phytochemical” (scudo protettivo capace di bloccare la crescita di cellule tumorali, malattie come l’arteriosclerosi e potenziare l’azione antiossidante).
Un altro atteggiamento assolutamente distruttivo per la salute psicofisica, passa attraverso l’ennesima dotta citazione, questa volta di origine ben più antica. Il noto detto latino “melius abundare quam deficere”, di certo non va mai preso alla lettera, soprattutto quando si tratta di ingerire alimenti. Facciamo un esempio, per non rimanere troppo sul vago. Le proteine non vanno mai assunte in eccesso, anche se presenti in diete da definizione. Non devono sostituire la quantità di carboidrati e portano ad un sovraccarico di lavoro di reni e fegato, che di certo è deleterio per il fisico. Inoltre è essenziale diversificare le fonti proteiche.
Infine forse è bene trattare l’annoso tema della disidratazione. Il cattivo reintegro di liquidi, conduce a problematiche enormi, ben più ingenti del fastidioso senso di sete. Esso va ad intaccare la capacità dell’organismo di disperdere il calore. Per abbassare la temperatura corporea, il corpo agisce in due tempi: innanzitutto con la vasodilatazione cutanea e successivamente attraverso l’evaporazione del sudore. Il meccanismo di sudorazione parte dal lavoro delle ghiandole sudoripare, che sono in grado di estrarre grandi quantità di liquido extracellulare. Se tali quote non vengono reintegrate a dovere, il liquido extracellulare aumenta la propria concentrazione e l’organismo è costretto a richiamare acqua dal sangue. Ciò porta ad una riduzione del volume ematico, che a sua volta innesca un meccanismo di “conservazione”, che inibisce la sudorazione e l’evaporazione. Il tutto culmina in un aumento del carico di lavoro dell’apparato cardiocircolatorio e della temperatura interna, il cosiddetto “colpo di calore”.
Gli esempi citati, sebbene siano molto diversi tra loro, servono a costruire quella che Marx chiamerebbe una “coscienza di classe”, una consapevolezza dell’importanza di soppesare ogni decisione, tenendo sempre a mente la possibilità di arrecare danni ingenti all’organismo, se questo non viene trattato con cautela e giusta misura. Il corpo è il tempio di ogni individuo. Va valorizzato, curato e protetto. La salute mentale passa attraverso quella fisica!

                                                                                                                               
                                                                                                                                        Ambra Natati