martedì 22 maggio 2018

Un'avventura in solitaria. Ciclabile tra Mantova e Ferrara


Voglia di evasione, voglia di divertirsi, voglia di stancarsi facendo qualcosa di desiderato, voglia di staccarsi dai soliti problemi, dalla quotidianeità, dalle solite facce, dai soliti panorami.
Ricerca di compagnia, di condivisione, di complicità.
Piena soddisfazione per quanto riguarda le sopraccitate voglie, qualche insoddisfazione per quanto riguarda la ricerca. Questo perché sono riuscita a trovare compagnia e condivisione solo per i primi 40 Km e poi?
Poi… via in solitudine ma con determinazione.
mappa del percorso

Ma procediamo con ordine: appuntamento alle 10.30 del mattino a Monzambano all’incrocio tra la ciclabile e la strada che porta a Valeggio sul Mincio.
Così alle 9.40 inforco la mia MontainBike a Solferino e pedalo di buona lena per i 15 Km che mi separano dal luogo dell’appuntamento. La mattinata è serena e mi gusto le strade secondarie passando per la Madonna della Scoperta, Pozzolengo, S.Pietro ed infine Monzambano dove incontro una mia collega che mi augura BUONA PASSEGGIATA, incredula dei miei propositi.
Puntuale, alle 10.30 sono al luogo del ritrovo ma i miei compagni di ventura tardano ad arrivare. Finalmente, alle 11.15, compaiono: sono due ragazzi e due ragazze provenienti da Venezia, scesi dal treno a Peschiera del Garda. Hanno già pedalato sulla ciclabile che costeggia il Mincio in uscita dal Lago di Garda e passante davanti alla diga di Peschiera.
Finalmente ci avviamo verso Borghetto che raggiungiamo quasi in fila indiana dato il delirio di ciclisti presenti sulla via. I compagni veneziani giustamente vogliono visitare il borgo e così, bicicletta alla mano, ci apprestiamo a guardarci attorno e a fotografare i punti più suggestivi. 
lucchetti a Borghetto
Il quantitativo di turisti è davvero impressionante e così decidiamo di allontanarci e di fermarci per il pranzo al prossimo punto di ristoro a Bozzolo, sempre sulla ciclabile lungo il Mincio verso Mantova. Lesti lesti raggiungiamo questo luogo e qui ci fermiamo fino alle ore 14.00 e godendoci il panorama, il sole caldo e la piacevole compagnia.

Pozzolo vista Mincio
lago di mezzo di Mantova

                                       













gruppo sul lungolago di Mantova
Dopo pranzo ripartiamo e ci dirigiamo verso Mantova che raggiungiamo alle 15.40 dopo un piacevole percorso ricco di chiacchiere, di paesaggi campestri e di tempo soleggiato con lento ma inesorabile avvicinamento di nuvole e di possibile temporale.

ciclabile tra Pozzolo e Mantova










A Mantova scendiamo di sella e ci concediamo un fantastico gelato artigianale, proprio di fronte al Palazzo Ducale.
I ragazzi veneziani sono soddisfatti: hanno raggiunto il loro obiettivo e si apprestano ad andare in stazione per salire sul treno che li riporterà a Venezia. Uno di loro sarebbe fortemente tentato di farmi compagnia per il prosieguo del viaggio, ma la sorpresa dell’evento e la mancata preparazione lo fanno desistere. A malincuore si offre solamente di accompagnarmi al punto estremo, quello di fuoriuscita dalla città di Mantova. Sono le 16.10 e al semaforo di via Risorgimento, quasi di fronte allo stadio, le nostre strade si dividono.
Qui comincia la mia vera avventura: sono sola, su una ciclabile che non conoscoe con una MontainBike che non è la mia abituale bicicletta, troppo pesante, troppo dura da spingere. D’altronde l’ho preferita a quella da corsa proprio per la scarsa conoscenza del percorso.
I primi Km mi trovano piuttosto tesa: la ciclabile costeggia la statale che va da Mantova a Pietole e troppa è la paura di non vedere qualche deviazione, di non riuscire a raggiungere l’argine del Mincio che mi dovrà accompagnare fino a Governalo. La mappa che ho scaricato sul cellulare parla di Pietole Vecchia, ma sul percorso nessun cartello mi indirizza da quella parte.
Poi finalmente un’indicazione verso Andes e il percorso si allontana dalla statale. Comincio a rilassarmi e a godere del panorama: sono all’interno di un parco, alla destra del Mincio, anche se la presenza di questo si percepisce solo. La direzione è quella per Bagnolo San Vito anche se un divieto ad un incrocio mi fa dubitare delle mie scelte. Tentenno, avanzo e mi ritrovo sulla statale: non può essere quella la giusta strada. Torno sui miei passi e decido di imboccare la strada col divieto mentre cominciano a scendere i primi goccioloni di pioggia.
E’ la scelta giusta: rincuorata accelero il passo e lesta lesta pedalo verso Bagnolo San Vito, lasciandomi alle spalle il temporale.
Giunta nei pressi di Bagnolo San Vito nuovo incrocio: un cartello a destra segna l’argine del Mincio ed uno a sinistra, contemporaneamente, indica un altro percorso ciclabile. Sono dubbiosa: vedo in lontananza una signora che passeggia e decido di raggiungerla per farmi consigliare. La signora sta facendo il consueto giretto quotidiano con le cuffiette e con un sorriso mi dice che posso scegliere l’uno o l’altro percorso: entrambi mi porteranno a Governolo.
ciclabile tra San Vito e Governolo

Opto per quello di sinistra, sull’argine del Mincio e la scelta è vincente perché mi ritrovo su uno splendido sentiero, leggermente rialzato rispetto al letto del fiume, ma parallelo e dominante quest’ultimo. Il panorama è spettacolare e le foto scaricate lo dimostrano.

Ansa nel Po
Diga Po/Mincio
Segnaletica dopo Governolo
Po

 Una volta ultimato il sentiero dell’argine, dove ho incrociato una coppia in MontainBike e un gruppetto di ciclisti che andavano in senso contrario, mi ritrovo a Governolo, esattamente dove il Mincio entra nel Po, confluenza regolata da una diga. Da questo momento in poi, ad accompagnarmi sarà il Po, il più lungo fiume d’Italia: me lo ritrovo alla mia destra, in un susseguirsi di anse e di ampliamenti.






























Ormai è pomeriggio inoltrato, il temporale sembra ormai scongiurato e la stanchezza comincia a farsi sentire. Mi convinco che la scelta migliore sia quella di pedalare fino al massimo alle 18.30/18.45 e poi cominciare a cercare dove trascorrere la notte. Guardando la cartina avevo ipotizzato di fermarmi nei pressi di Sermide ma ora non più così sicura di poterci arrivare entro un tempo ragionevole. Oltretutto il cellulare sta per scaricarsi e temo di non riuscire ad utilizzarlo per la ricerca dell’alloggio. Così, essendo Ostiglia a pochi Km, decido di iniziare le mie ricerche proprio da questa cittadina.
Ostiglia

Attracco navi sul Po

Sull’argine incontro due signore che parlottano del più e del meno, con le loro biciclette a mano. Mi avvicino e chiedo loro se mi sanno indicare un posto dove poter trascorrere la notte. Gentilissima, una delle due mi indica l’hotel Ciminiera, proprio di fronte a casa sua: mi indica la strada, addirittura mi dà il numero del suo cellulare, pronta ad ospitarmi per la notte, qualora non dovessi trovare posto in albergo.
Ringrazio, seguo le indicazioni e raggiungo l’albergo senza alcun intoppo. Sono le 19.00: l’ora giusta per scendere di sella, rilassarsi un attimo, fare una doccia ristoratrice e poi concedersi una lauta cena. In realtà quest’ultima cede il posto ad una semplice pizza e poi la serata termina con la visione di un vecchio film, comodamente adagiata sul letto.
L’indomani mattina, sveglia alle 7.30, lauta colazione alle 8.00 e poi via verso il raggiungimento dell’obiettivo Ferrara.
Sono di ottimo umore, il panorama soleggiato contribuisce a rilassarmi, la ciclabile è davvero bella e ben tenuta e il Po è proprio lì a due passi, alla mia destra. E proprio questo è il problema: secondo la mappa che mi ero scaricata avrei dovuto percorrere il margine destro del Po ed invece, avendo il fiume alla mia destra, significa che sto pedalando sull’argine sinistro. Ecco perché non ho ancora trovato cartelli che mi indichino località come Sermide o Revere! Decido di studiare con più attenzione la segnaletica lungo il percorso e scopro così che mi trovo nella provincia di Rovigo, che sto andando verso il mare e che, se voglio raggiungere Ferrara, l’unica possibilità a mia disposizione è quella di attraversare il Po in località Ficarolo e di riprendere l’argine destro in località Stellata. Così faccio, dopo aver chiesto conferma a dei manutentori lungo l’argine.
 Sono un po’ preoccupata, in primis per il rischio corso di sbagliare strada e poi perché il ponte sul fiume è sulla strada provinciale e temo il traffico.

Per fortuna tutto va per il meglio: il ponte sul Po non è molto lungo e neppure particolarmente trafficato. Aldilà di esso mi ritrovo in località Stellata in territorio ferrarese e facilmente raggiungo l’argine e pedalo lesta lesta verso Bondeno.
Dopo circa 10 Km raggiungo questa cittadina: mi piacerebbe visitarla perché mi hanno segnalato la presenza di una chiesa con degli splendidi dipinti/affreschi, ma sono un po’ in ritardo sulla mia tabella di marcia e temo di avere degli intoppi nel prendere il treno a Ferrara. 
Strada per Bondeno
Ponte sul Po
Così tiro dritto e, dopo un paio di incroci scarsamente segnalati e le domande ad alcuni passanti, imbocco il sentiero Burana che mi porterà direttamente a Ferrara.
E’ un sentiero asfaltato, di dimensione da permettere il passaggio di due sole biciclette affiancate: andata e ritorno, completamente ombreggiato, avendo alberi su entrambi i suoi margini. Inizia con un ponte in ferro e si snoda per circa 15 Km fino a portarti alla periferia di Ferrara.


Sentiero Burana












Ed ecco la città: sono le ore 13.00 e sono più che soddisfatta. Ci sono riuscita! e raggiante fermo un passante ciclista e mi faccio fare una foto sotto il cartello FERRARA CITTA’ DELLA BICICLETTA.

Castello degli Estensi
Castello degli Estensi
























Chiesa a Padova
Faccio una breve sosta in stazione per accertarmi di poter prendere il treno delle ore 14.57 e poi ho tutto il tempo per fare un giro in centro, vedere il castello degli Estensi e fermarmi al parco per un frugale pranzo al sacco. Alle 14.20 mi avvio in stazione e prendo prima il treno che mi porterà a Padova e, dopo circa 40 minuti di sosta in città, un ulteriore treno che mi porta direttamente a Desenzano (arrivo previsto ore 18.26).













E poi via, di nuovo in sella, per gli ultimi 15 Km che mi riportano a casa, dove arrivo alle ore 19.00.
La mia avventura è terminata: ne valeva davvero la pena!
Sono contenta, soddisfatta, orgogliosa e ancora una volta il mio motto è: VOLERE E’ POTERE! O, come direbbero i miei amici di BAG, MAI MOLAR!
Papaveri a Desenzano
Vaccarolo
Rientro a casa!
            
               















Ornella Puricelli

mercoledì 9 maggio 2018

“RESISTERE, BISOGNA”

“Adattarsi, bisogna” diceva il saggio Efix alle dame Pintor. Resistere, dico io, a tutti coloro che fanno qualsiasi sport. Resistere per imparare, migliorare, andare oltre. A maggior ragione, se l’attività fisica praticata rientra tra quelle di lunga durata, imparare quest’arte, diventa fondamentale. Per venirci incontro, diamone una definizione.
La resistenza è la capacità di protrarre un’attività fisica nel tempo senza che diminuisca l’intensità di lavoro. Essa si sviluppa in maniere differenti a seconda delle specialità in cui è applicata, e prende nomi diversi in base alla quantità e tipologia di muscoli coinvolti, ai meccanismi energetici utilizzati, alla durata. Per quanto riguarda quella muscolare, abbiamo:
1.       resistenza generale: si riferisce alla capacità di eseguire per un lungo tempo un’attività fisica che impegni sia l’apparato cardiorespiratorio che gran parte delle masse muscolari,
2.       resistenza locale: è la capacità di una limitata parte di muscolatura di seguire un lavoro a lungo,
3.       resistenza specifica: è il particolare tipo di resistenza richiesto per eseguire un lavoro duraturo.
Se analizzata in base ai meccanismi energetici è definita:
1.       resistenza aerobica: il lavoro muscolare compiuto proviene prevalentemente dalla combustione di glucidi e grassi, può essere protratto per molto tempo e le tensioni muscolari sviluppate sono piuttosto basse,
2.       resistenza anaerobica: la trasformazione di glucidi, grassi e proteine avviene in anossia. Il meccanismo principalmente sollecitato è quello lattacido e le tensioni muscolari possono essere protratte per un tempo relativamente lungo.
L’importanza del meccanismo aerobico, piuttosto che di quello anaerobico, varia a seconda dell’intensità dello sforzo e della sua durata.
Se messa in relazione con la durata, è detta:
1.       resistenza di lunga durata: attività aerobica con prevalente impegno di apparati cardiocircolatorio e respiratorio. Prevede un impegno fisico che va da poco meno di 10 min a 2/3 ore.
2.       resistenza di media durata: coinvolge sia il meccanismo aerobico, che quello anaerobico-lattacido. Il lavoro può durare da 2 a 8 min.
3.       resistenza di breve durata: predominante l’impegno del meccanismo anaerobico-lattacido. Richiede un buon sviluppo della resistenza alla forza (capacità dell’organismo di opporsi alla fatica in prestazioni con richiesta di forza prolungata nel tempo e con elevate esigenze di resistenza locale) ed alla velocità (capacità del muscolo di lavorare a lungo a velocità vicine a quelle massime di un soggetto.) Il lavoro può essere protratto da 45 a 120 secondi.
La resistenza è notevolmente influenzata da dei fattori fisiologici, che possono dipendere da componenti centrali (capacità di trasportare molto ossigeno dai polmoni ai muscoli) e da componenti periferiche (capacità di distribuzione del sangue ai muscoli più impegnati). Di notevole influsso sono anche i fattori tecnici, dovuti alla preparazione fisica, e quelli psicologici.
I principali metodi per migliorare la resistenza sono i metodi continui o quelli interrotti da pause.
I metodi continui, sono i più indicati nella fase giovanile. Rappresentano la base su cui costruire allenamenti più specifici e permettere un pronto recupero tra un allenamento e l’altro. Tali pratiche a loro volta si suddividono in tre tipi di attività:
-          a velocità costante: miglioramento del sistema aerobico. Con l’aumentare dell’intensità del lavoro, è possibile agire per migliorare il sistema anaerobico-lattacido,
-          a ritmo variabile: prevede l’alternarsi di fasi di lavoro a maggiore e minore impegno. Il metodo più conosciuto è il fartlek. Negli ultimi anni, si sta affermando anche il metodo intermittente,
-          a ritmo progressivamente accelerato: molto difficile da gestire, indicato solo per atleti esperti.
I metodi di allenamento interrotti da pause consistono nel ripetere delle distanze con intervalli di recupero che variano tra 45 secondi e qualche minuto. Comprendono:
-          metodi intervallati: permettono di svolgere lavori con un intensità maggiore di quelli svolti in un’attività continua e simili alle prestazioni da competizione. Obiettivo principale: sviluppare la capacità anaerobica lattacida,
-          metodi delle ripetizioni: consistono nel ripetere distanze o tempi di lavoro brevi e mediamente brevi, con recuperi completi. Se invece si utilizzano recuperi incompleti all’interno delle serie e completi tra una serie e l’altra, il metodo viene chiamato per serie e ripetizione,
-          circuit training: lavoro a stazioni atto a sollecitare le principali masse muscolari.
Per chi pratica attività di resistenza, un parametro importante da conoscere è la propria soglia anaerobica, ovvero il massimo livello di intensità di uno sforzo prolungato che può essere mantenuto senza innalzare il livello di acidità nei muscoli. Andare oltre vorrebbe dire far intervenire i meccanismi di difesa che costringerebbero a ridurre l’intensità dell’esercizio. Essa rappresenta quindi la linea di demarcazione tra un esercizio moderato ed uno intenso. Altro fattore determinante per la scelta degli esercizi e del percorso di crescita, è l’età dell’atleta. Il periodo più indicato per lo sviluppo della resistenza è tra i 10 e i 15 anni: a quest’età infatti il rapporto peso/potenza è ottimale. Tra i 17 e i 18 anni si raggiunge invece la capacità massima di resistenza. Gli adolescenti risultano inoltre particolarmente adatti a carichi di resistenza di tipo aerobico, per l’elevata plasticità del cuore. Gli sportivi allenati nella resistenza mantengono oltretutto una capacità di prestazione straordinariamente elevata durante tutta la loro vita: un netto decremento delle prestazioni non sopraggiunge prima dei 70 anni.
Tenendo conto dei benefici fisici dati dallo sport e dall’allenamento costante, non solo alla resistenza, ma ad ogni aspetto sportivo, risultano immediatamente chiari i motivi per cui tale pratica diventa determinante: migliorare le capacità di recupero, ridurre i traumi, aumentare la sopportazione psicologica della fatica, diminuire gli errori tecnici, stabilizzare la salute. Questi e molti altri fattori, non hanno solo ripercussioni positive sulla vita agonista dell’atleta, bensì portano ad enormi benefici per la qualità stessa dell’esistenza di ogni individuo. Tale condotta va pertanto adottata non solo in ambito sportivo, bensì in ogni risvolto quotidiano, perché non solo insegna a vivere, ma è essa stessa vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
                                                                                                                                   Ambra Natati

venerdì 27 aprile 2018

IL LASCITO DELLA GIOVINEZZA: AMICIZIA E SPORT

26 Aprile 2018, ore 17. Caldo afoso, tipico dei mesi estivi. Sol leone, clima vacanziero, animo leggero, spensieratezza giovanile. In un tale idillio, si collocano due giovani ragazzi, amanti della vita e della natura. Ambra e Paste. Due studenti, due amici, due irreducibili sportivi. Pieni di gioiosa intraprendenza, si mettono d’accordo per vedersi a Castiglione, per fare un giro in bici.
Sono in ritardo, dannatamente in ritardo. A quest’ora dovrei già essere davanti al Gonzaga, per raggiungere Paste. Sono invece bloccata nella densa marmellata di traffico convulso. Una chiamata, due. Rispondo. Sto arrivando. Riattacco. Parcheggio davanti all’istituto scolastico e mi concedo un attimo per guardare quello strano ragazzo, senza che se ne accorga. In un attimo mi rendo conto di avere il sorriso sulle labbra. So che sarà una giornata perfetta. Adoro fare attività fisica in compagnia di persone a cui voglio bene. Adoro Paste. Adoro tutto questo.
Si accorge di me. Mio malgrado, sono costretta a raggiungerlo, staccandomi dai miei placidi pensieri. Scarico la bicicletta e siamo pronti a partire.
Attraversiamo insieme il paese, raggiungiamo la periferia e ci inoltriamo nella campagna deserta, alla volta di Solferino. Il tragitto non è pesante, milioni di parole ci distraggono dalla fatica, permettendoci di conoscerci più a fondo, rafforzando un rapporto già di per sé molto saldo. La prima salita ci rende momentaneamente silenziosi. I muscoli che si fanno duri, il fiato che si fa corto. Mi sento insolitamente bene. Ho voglia di parlare, di ridere. Ho una tremenda voglia di vivere.
Le prime avvisaglie di stanchezza si fanno sentire sulla strada che porta a Lonato. Il sole cocente ci colpisce in pieno volto. Il traffico non ci permette di stare affiancati, riducendo molto la conversazione. Il colpo di grazia ci viene inferto dalla salita del Tira-collo, affrontato con un’incosciente spensieratezza, non sfruttando tutti i rapporti della catena. Arriviamo in cima alla salita stanchi ed affannati. Fortunatamente siamo giovani e sportivi. Una discesa e la fatica è presto dimenticata.
Con mio enorme stupore, scopro che Paste non ha mai visitato la Rocca di Lonato. Corriamo subito ai ripari, colmando questa terribile lacuna.  Lo porto in cima, godiamo insieme del meraviglioso panorama, concedendoci un momento di riposo. Un goccio di acqua della fontanella, e siamo presto pronti a ripartire.
Questa volta a guidare è Paste. Mi riporta verso Castiglione, prendendo una strada che mi è sconosciuta. La natura incontaminata è di nuovo la protagonista dello scenario circostante. Pedaliamo affiancati per lungo tempo. La strada priva di traffico, risuona delle nostre voci, delle nostre risate, della nostra giovinezza. Dopo aver superato anche la piccola Esenta, siamo nuovamente a Castiglione. L’incantesimo si spezza, d’un tratto ci rendiamo conto di aver esaurito il tempo, il nostro tempo. Dopo averlo sonoramente battuto nella volata finale, Paste mi aiuta a ricaricare in macchina la bicicletta, lo ringrazio abbracciandolo, e lo saluto.
Tornando verso casa, penso a quando avrò di nuovo la possibilità di passare un pomeriggio bello e disteso come questo, in compagnia di un ragazzo così spontaneo, dolce e simpatico, condividendo passioni sportive, dalla bicicletta al basket. Spero presto, molto presto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
                                                                                                                                      Ambra Natati


giovedì 19 aprile 2018

LO SPORT: PATHOS, NON IMPROVVISAZIONE

Piccola chicca introduttiva: sapete come Milone di Crotone, noto pugile dell’antica Grecia, riuscì a rimanere imbattuto per circa 20 anni? Pare che sviluppò la sua leggendaria forza muscolare sollevando tutti i giorni un vitello, potenziando le capacità atte a permettergli di innalzare sopra la testa un bue!
Con tale curiosità, intendo parlare di un argomento che mi sta particolarmente a cuore, l’importanza di allenarsi. Innanzitutto diamo una definizione del termine “allenamento”: esso si configura come un processo sistematico mediante il quale si determinano dei cambiamenti nell’organismo, che permettono ad un atleta di migliorare il suo livello di prestazione. Concetto cardine della pratica è la “supercompensazione”, la particolare capacità dell’organismo di reagire alla fatica indotta da adeguate sollecitazioni, adattandosi ed attrezzandosi per poterne sopportare di ulteriori con maggior prontezza o minor fatica. Gli obiettivi da portare a termine con l’allenamento sono il miglioramento delle capacità fisiche, psichiche, coordinative e cognitive. Tali modifiche vengono apportate mediante due particolari reazioni dell’organismo: l’adattamento (lente ma durature modificazioni che riguardano le strutture sollecitate) e l’aggiustamento (rapida risposta del fisico ad un cambiamento di condizioni esterne). Affinché l’allenamento risulti efficace e porti i suoi frutti, il corpo deve trovarsi in una condizione di affaticamento. Se l’intensità o la quantità degli stimoli (definiti “carico allenante”) non risultano sufficienti alla sollecitazione, il meccanismo di adattamento non si verifica. Tanto importante quanto la mole e la qualità di lavoro, è il riposo. Esso è necessario per permettere un recupero tra un esercizio ed un altro, o per permettere all’organismo di modificare e migliorare le componenti sollecitate con l’attività. Chiunque non si conceda tali periodi, rischia di incappare nello spiacevole inconveniente del sovrallenamento, un vero e proprio stato di malattia che induce un vistoso calo delle prestazioni ed una facile affaticabilità che può perdurare per diversi mesi. Per risolverlo è necessario ridurre la mole di lavoro, curare il riposo, in particolare quello notturno, e l’alimentazione.
Altro elemento da tenere in particolar considerazione, è la scelta degli esercizi da svolgere. Questi possono essere di carattere generale (preparano l’organismo a sopportare lo stress dell’allenamento specifico), speciale (presentano grande affinità con il gesto di gara), o specifico (riproducono in parte o completamente i movimenti della competizione). Una volta scelta la tipologia di azioni da mettere in atto, è bene pianificare, programmare e periodizzare l’allenamento. Solitamente, questo segue un ciclo fatto di tre fasi: il periodo di preparazione (composto da un primo momento di esercizi generali per il miglioramento fisico ed un secondo a carattere speciale), uno agonistico ed uno di transizione (permette all’organismo di recuperare le energie psicofisiche per affrontare un nuovo ciclo di allenamento).
Tali caratteristiche tuttavia, fanno solo da contorno ai punti cardini di una buona preparazione, ovvero: la specificità dei gesti compiuti (tenendo conto della qualità fisiche di ogni atleta), l’individualità di ogni soggetto (tenendo conto di fattori di diversità presenti in ogni situazione), la continuità degli esercizi, e la varietà delle sollecitazioni (tenendo conto del fatto che oltre una certa soglia di preparazione, un costante aumento del carico non è più sufficiente per produrre adattamenti. È necessario allora introdurre variazioni che richiedano all’organismo ulteriori risposte).
Infine mi soffermo brevemente sui momenti imprescindibili di ogni allenamento. Molto importante è il riscaldamento, dal momento che prepara il corpo per l’attività successiva, prevenendo infortuni di ogni sorta. Il passo successivo è la pratica vera e propria, in cui si sviluppano le tecniche motorie e fisiche, ed infine il defaticamento, che gioca un ruolo importante nel ritorno ad uno stato di equilibrio, riducendo il rischio di disturbi muscolari ed articolari.
Anche oggi credo di avervi annoiato abbastanza. Tutto questo nozionismo è volto unicamente a far passare il messaggio secondo cui fare sport è una cosa seria. Occorre pertanto praticarlo con costanza, dedizione ed accortezza. Solo così la pratica ci restituisce tutte le energie che spendiamo, gratificandoci e facendoci amare un po’ di più questo nostro piccolo e grande mondo.
                                                                                                                                           Ambra Natati

                                                                   

mercoledì 11 aprile 2018

COLNAGO CYCLING FESTIVAL: APOTEOSI DELLO SPORT

4000. Un bel numero se non connotasse la quantità di avversari da battere. Ahimè, con la solita fortuna che contraddistingue la famiglia Natati, tale cifra è il sinonimo dell’enorme fatica che dovrò fare, per riuscire ad accaparrarmi il miglior posto, in griglia come all’arrivo.
105. Un'altra meravigliosa cifra, se anch’essa non mi condannasse a pedalare per tutti quei chilometri. Ma l’ultimo migliaio è quello che preferisco: 1400, i metri di dislivello da affrontare, per giungere indenni al termine di questa competizione.
Non sono mai stata molto abile con i numeri, pertanto mi limiterò a narrare i fatti.
Il consueto sparo mi giunge nitido alle orecchie, squarciando la placida quiete primaverile. Il segnale, lo stimolo acustico che mi spinge a dimenticare tutto, a spegnere il cervello ed inserire il pilota automatico. Il fiato corto, le gambe scattanti. Il cuore pompa all’impazzata, i muscoli caldi mi permettono di raggiungere elevate velocità. La prima parte di gara è caratterizzata dal continuo saliscendi della Valtenesi, che rende quasi impossibile trovare una cadenza di pedalata. Il ritmo
altalenante cambia alle pendici di San Michele e delle Coste di Sant’Eusebio. Nella prima delle due scalate, la difficoltà non sta tanto nella pendenza che, tralasciando il primo chilometro, risulta affrontabile, bensì nel dover mantenere una velocità mediamente alta, in relazione alla durezza della salita. Superata la prima asperità, ecco che subito si presenta la seconda, in un continuo rincorrersi di obiettivi e mete: le Coste di Sant’Eusebio, uno stradone infinito lievemente in pendenza e, in virtù di questa, sfibrante. Stringo i denti e continuo nell’impresa, fiduciosa nel fatto che dopo una lunga salita, seguirà una quieta discesa.
La mia speranza diventa realtà nel momento in cui mi addentro nella Val Sabbia, che mi dà occasione di respirare, ma solo temporaneamente. Quando penso di aver finalmente trovato la giusta cadenza, ecco che un gruppo di ciclisti mi supera, iniziando ad aumentare la frequenza, costringendomi a fare altrettanto. Non so dove io riesca a trovare sempre la forza di reagire. Fortunatamente la scovo anche questa volta. Spero di riuscire sempre a riaccendere in me la fiamma dell’orgoglio, della rabbia e della competizione, che mi possa portare a superare eternamente i miei limiti, attraverso l’interminabile fase dell’avvicinamento.
Perdendomi nel flusso dei miei pensieri, contemplando la mia fatica con un occhio esterno, riesco a distrarmi quanto basta per impedirmi di pensare ai pochi chilometri che mi separano dalla meta. Rinsavisco giusto in tempo per godermi l’ultimo e meraviglioso chilometro passante per il centro di Desenzano. Appena posta la ruota anteriore sul pavé del sobborgo, mi rendo conto di essere, ancora una volta, giunta alla meta, soddisfatta e felice. È incredibile quanto lo sport riesca a donare. Le emozioni che mi fa provare lui, non le ho provate mai.

                                                                                            
                                                                                             Scritto di Ambra, esperienza di Erika Natati

venerdì 6 aprile 2018

OGGI CONCRETEZZA: PIRAMIDE ALIMENTARE E DIVERSE DIETE!

“Tu fai discorsi di ampio respiro, amico mio, ma guarda che stasera è dedicata alle poesie brevi”. È vero, lo confesso, come Elio, personaggio nato dall’abile penna di Andrè Aciman, mi perdo nella musicalità delle parole, in ambiziosi esercizi retorici e filosofici, ma inadatti al ruolo che ricopro, alla funzione che svolgo. Questo blog è dedicato ai brevi consigli, immediatamente riscontrabili. Almeno per una volta, voglio mantener fede alla mia citazione preferita, al mio monito maggiore. Mi limiterò a trattare argomenti concreti ed interessanti: la piramide alimentare e due tipi di dieta; a zone e vegetariana. “Non frapporre indugi, mia bella”.
L’alimentazione è uno degli aspetti della vita soggetto agli errori più frequenti e maldestri. È considerata un terreno di gioco personale, dipendente unicamente dalle preferenze di ognuno. Niente di più sbagliato. Innanzitutto nutrirsi bene è prendersi cura del proprio corpo. Oggigiorno la cura dell’aspetto fisico è divenuta talmente preponderante, che l’alimentazione è diventata una scienza. Essa si basa su regole ben precise, racchiuse in schemi alimentari atti ad educare ad un sano rapporto con il cibo. Una di queste schematizzazioni, prende il nome di “piramide alimentare”. Alla base di tale solido, si trovano gli alimenti da consumare quotidianamente ed abbondantemente. In particolare ai piedi della costruzione, troviamo l’acqua, che andrebbe assunta in grandi quantità, almeno 1,5l al giorno. Al secondo posto, troviamo frutta ed ortaggi. Dal terzo in poi, fanno capolino i macronutrienti. I primi a manifestarsi sono i carboidrati, seguiti dalle proteine. Successivamente, troviamo il latte ed i derivati. Al penultimo gradino, fanno la loro comparsa i lipidi. Infine, al vertice della piramide, si affacciano gli alimenti che andrebbero consumati saltuariamente: dolci, vino e birra.
Si, so perfettamente qual è il sentimento comune: anche io sono incapace di rinunciare al dolce, a terminare il pasto con una punta di dolcezza. Dovremmo tutti imparare quantomeno a controllarci. Se tuttavia il solo ausilio della piramide alimentare non fosse sufficiente per controllare il peso e tutti i problemi ad esso collegati, si può sempre provare a far ricorso ad una dieta!
Ci tengo in ogni caso a ricordare a tutti quanto la dieta non sia risolutiva di un problema, dal momento che il fisico, dopo una prima fase di calo sostanziale, si abitua al nuovo regime alimentare, diventando difficilmente modellabile. Pertanto è bene seguire un percorso su consiglio medico, basandosi su dati certi e facendo affidamento su figure professionali. In ogni caso, per dovere puramente informativo, intendo spiegare brevemente il funzionamento di due diete.
Per quanto riguarda quella a zona, essa deve la propria nascita al biochimico americano Barry Sears, il quale sostiene che, equilibrando i tre macronutrienti, si possa raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale. Ciò sarebbe attuabile grazie al controllo ormonale mediato dall’alimentazione.
Per quanto ne concerne quella vegetariana, essa si configura come un totale rifiuto di alimenti di origine animale, consentendo tuttavia l’assunzione di cibi che ne derivino. Essa differisce da quella vegana, in quanto quest’ultima rifiuta anche qualsiasi contatto con prodotti derivanti da esseri viventi. Tale presa di posizione complica il lavoro dell’organismo, in quanto viene a mancare il sostegno fondamentale della vitamina B12, assumibile solo attraverso alimenti di origine e derivazione animale. Per quanto riguarda i vegetariani, essi non incorrono in carenze assolute, tuttavia tale scelta etica, può richiedere un utilizzo di supporti integrativi.


Rapida, indolore e concisa. Così mi voglio, così sono stata. Good job.
                                                                                                                                                                                                 Ambra Natati

martedì 3 aprile 2018

LA FILOSOFIA DEL CIBO

Il terrore di una pagina bianca. L’incapacità di riempirla con alcunché. La fobia più grande di qualsiasi scrittore.
Sono stata ore a guardare il foglio immacolato, senza riuscire a battere nemmeno un carattere. Mi sono ritrovata a pensare ad un incipit, a riflettere sull’attacco giusto, indagando tra i miei interessi, le mie passioni. Finalmente ho trovato il mio prologo. Ho pensato di partire da ciò che amo. Adoro parlare di filosofia, per esempio. È la mia materia preferita, ed i filosofi sono i miei amori platonici. Tra questi spicca il danese Kierkegaard. Mi piaceva l’idea di aprire questo nuovo post citandolo.
“L’uomo per natura è portato a prendere continuamente decisioni, che si configurano come definitive ed assolute, dette <Aut Aut>. Tali scelte, generano nell’uomo uno stato di angoscia perenne”.
Niente di più vero. Ciò è riscontrabile in ogni ambito, anche in quello alimentare. Ognuno di noi si improvvisa dietista e porta avanti regimi alimentari deleteri per l’organismo, vivendo in un perenne stato di angoscia, dato dal sentirsi sempre in difetto, in conflitto con il proprio corpo. Talvolta siamo portati a bandire dalle nostre tavole alimenti essenziali per l’organismo, senza renderci conto del danno che stiamo causando. Tutti gli alimenti sono utili e solo ingerendoli nelle giuste dosi vanno a coprire il fabbisogno giornaliero.
Se si possono fare scelte più oculate per quanto riguarda la natura degli alimenti che contribuiscono alla quota proteica, glucidica e lipidica, non si può rinunciare ad assumere quotidianamente 5 porzioni tra frutta e verdura. È importante ingerire alimenti di colori diversi: bianco, verde, giallo o arancione, rosso e blu o viola. Tali pigmenti denotano la presenza di uno specifico “phytochemical” (scudo protettivo capace di bloccare la crescita di cellule tumorali, malattie come l’arteriosclerosi e potenziare l’azione antiossidante).
Un altro atteggiamento assolutamente distruttivo per la salute psicofisica, passa attraverso l’ennesima dotta citazione, questa volta di origine ben più antica. Il noto detto latino “melius abundare quam deficere”, di certo non va mai preso alla lettera, soprattutto quando si tratta di ingerire alimenti. Facciamo un esempio, per non rimanere troppo sul vago. Le proteine non vanno mai assunte in eccesso, anche se presenti in diete da definizione. Non devono sostituire la quantità di carboidrati e portano ad un sovraccarico di lavoro di reni e fegato, che di certo è deleterio per il fisico. Inoltre è essenziale diversificare le fonti proteiche.
Infine forse è bene trattare l’annoso tema della disidratazione. Il cattivo reintegro di liquidi, conduce a problematiche enormi, ben più ingenti del fastidioso senso di sete. Esso va ad intaccare la capacità dell’organismo di disperdere il calore. Per abbassare la temperatura corporea, il corpo agisce in due tempi: innanzitutto con la vasodilatazione cutanea e successivamente attraverso l’evaporazione del sudore. Il meccanismo di sudorazione parte dal lavoro delle ghiandole sudoripare, che sono in grado di estrarre grandi quantità di liquido extracellulare. Se tali quote non vengono reintegrate a dovere, il liquido extracellulare aumenta la propria concentrazione e l’organismo è costretto a richiamare acqua dal sangue. Ciò porta ad una riduzione del volume ematico, che a sua volta innesca un meccanismo di “conservazione”, che inibisce la sudorazione e l’evaporazione. Il tutto culmina in un aumento del carico di lavoro dell’apparato cardiocircolatorio e della temperatura interna, il cosiddetto “colpo di calore”.
Gli esempi citati, sebbene siano molto diversi tra loro, servono a costruire quella che Marx chiamerebbe una “coscienza di classe”, una consapevolezza dell’importanza di soppesare ogni decisione, tenendo sempre a mente la possibilità di arrecare danni ingenti all’organismo, se questo non viene trattato con cautela e giusta misura. Il corpo è il tempio di ogni individuo. Va valorizzato, curato e protetto. La salute mentale passa attraverso quella fisica!

                                                                                                                               
                                                                                                                                        Ambra Natati

martedì 27 marzo 2018

GRANFONDO ZENATO: LA MIA SFIDA AL DESTINO

9 del mattino. L’aria pungente mi sferza il viso. Rimango a lungo in silenzio, concentrata. Sono pronta per questa guerra, allenata a dare il meglio. So perfettamente che non sarà un’impresa facile, 120km sono tanti, perfino per me, che metto l’anima in ogni pedalata. Tuttavia al momento la mia maggior preoccupazione non è la distanza da percorrere, bensì il dislivello da affrontare: 1700m.
Dopo un breve calcolo delle mie possibilità fisiche e mentali, sono pronta. Come un automa, prendo posto in griglia di partenza. Boom. Partiti.
Il venticello primaverile che poco prima mi arrossava le gote, ora cede prontamente il posto alle vampate di calore, i primi moti di fatica per muovere il corpo freddo. La parte migliore e peggiore della gara, è sicuramente l’inizio. I primi chilometri sono sofferenza ed agonismo puri. Essendo una persona molto competitiva, mi nutro di questi momenti. Odio restare indietro, devo necessariamente raggiungere e superare il mio avversario. Con questo stato d’animo, muovo le prime pedalate, tenendo una media notevole: 40km/h. Le gambe che bruciano, il cuore che batte. Stupefacente.
Passa poco tempo, l’adrenalina si trasforma in sconforto e consapevolezza di dover affrontare una salita interminabile e decisamente irta. L’impulso predominante è quello di lasciare tutto. La testa mi dice di rinunciare, ma il cuore dissente. In me si combatte una battaglia epocale: ragione e sentimento, razionalità contro impulso animale. Vince la parte di me che preferisco: quella passionale.
Giunta al culmine della salita, mi aspetta una altrettanto ripida discesa. Scollino pensando a quanto sia affine il mondo ciclistico alla vita stessa: dopo una dura scalata, un periodo di sofferenza, arriva sempre il momento della discesa, un tempo migliore. Dopo una plumbea giornata, torna sempre il sole.
In men che non si dica, mi ritrovo nuovamente su un terreno pianeggiante. In un attimo mi rendo conto di essere giunta quasi al termine delle mie fatiche. Ormai solo 50km mi separano dal traguardo.
La temibile pianura mi si para davanti con tutte le sue asperità: una moltitudine di collinette, di curve strette, di irregolarità stradali e di ciclisti che tentano di allungare il passo, costringendomi ad aumentare la frequenza di pedalata per mantenermi aderente al gruppo. Per fortuna non vengo lasciata sola ad affrontare tutto ciò. C’è mio padre con me. Mi aiuta, mi incoraggia e mi sta affianco.
Il tempo vola quando ci si diverte, il tempo vola quando non si è lasciati soli. Giungo al traguardo senza quasi rendermene conto. Vedo mia madre, sorridente ed orgogliosa di me, che mi guarda mentre allungo per fare la volata finale. Ecco lo striscione di fine competizione, segnale inequivocabile del termine delle mie fatiche, che apre la strada all’orgoglio, alla felicità ed ad una meritata abbuffata di cibo.
Non si spiega un’emozione come questa, non ci sono parole per descrivere i sentimenti provati salendo sul palco, rispondendo al suono del proprio nome. Erika. Stupefacente.

                                                                                                                                                                                                  Ambra Natati

martedì 20 marzo 2018

"EST MODUS IN REBUS"

La vita è fatta a scale. Ognuno può scegliere che tromba preferisce, ce ne sono molteplici: lo sport è una di queste, l'alimentazione è il corrimano comune a tutte. A poco serve l'orgoglio, nessuno può riuscire nell'impresa senza far affidamento sul cursore. Continuando la metafora, tutti noi siamo individui portati naturalmente all'ascesa; molti spinti dall'indolenza, altri dall'interesse, qualcuno dai sogni. Tra i sognatori, vanno annoverati tutti gli sportivi. Questi, per poter raggiungere i propri obiettivi, devono fare sicuramente più fatica di tutti gli altri, perchè puntano a mete qualitativamente migliori. Nonostante debbano fare sforzi maggiori, nei periodi lontani dalle competizioni, possono permettersi il lusso di diminuire la lunghezza del passo, allineandosi a tutti gli altri, quantomeno per quanto ne concerne l'alimentazione.
In questi periodi di tregua, un atleta può tenere un regime alimentare normale, non troppo diverso da quello di un sedentario, facendo tuttavia attenzione ad un particolare aspetto: deve tenere conto di un possibile aumento del fabbisogno energetico e rigenerativo.
Nei giorni precedenti alla competizione, deve ancorarsi saldamente alla dieta, per far fronte al possibile impoverimento delle scorte totali di glicogeno. Per contrastare questo fenomeno, è necessario reintegrare le scorte di glicogeno muscolare, migliorandone l'assimilazione attraverso qualche accorgimento: sottoporsi ad un lavoro particolarmente intenso alcuni giorni prima della competizione (in modo da ridurre la componente zuccherina all'interno dell'organismo, per far sì che i muscoli siano stimolati ad accumularne una quantità maggiore) o tenendo una dieta leggermente iper-glucidica, effettuando allenamenti brevi e di bassa intensità.
Nelle 6 ore antecedenti la gara, è importante assumere pasti leggeri, poveri di grassi. Per attività di durata inferiore ai 40 minuti è sufficiente tenere una dieta equilibrata, con adeguato apporto di carboidrati. Per gli esercizi ginnici di durata superiore, si rivela estremamente utile fare un pasto pre-competitivo, ricco di carboidrati e contenente modeste quantità di lipidi e protidi, da consumarsi 2 o 3 ore prima della gara.
Nella mezz'ora precedente alla competizione, è possibile assumere una "razione d'attesa", per evitare il rischio di ipoglicemia.
Per le attività di durata superiore alle 2 ore, è necessario ritemprare le energie attraverso un rifornimento in gara, composto da piccole razioni con minimi apporti di zuccheri semplici, oppure mediante una razione liquida contenente glucosio.
Al termine dell'esecuzione, è importante aiutare l'organismo nella ricostruzione delle riserve energetiche, nello smaltimento dell'acido lattico e nella ricomposizione dell'equilibrio idro-salino.
Per quanto riguarda un'attività di lunga durata, la risintesi del glicogeno richiede una dieta ricca di carboidrati, da protendere per i due giorni successivi. Per un'attività di breve durata, non serve assumere una quantità di carboidrati superiore alla norma, dal momento che si verifica ugualmente una risintesi notevole di glicogeno già nei primi 30 minuti di inattività. In questo caso l'atleta deve piuttosto concentrasi sul corretto reintegro della quota proteica.
Mangiare appena terminato uno sforzo di modeste intensità è dannoso. Per poter fare un pasto completo, bisogna attendere almeno un'ora dal termine dell'esercizio, per dare il tempo al sangue di tornare dai muscoli agli organi digestivi. Durante questo lasso di tempo, si possono iniziare a reintegrare le riserve di glicogeno e liquidi assumendo bevande zuccherate e frutta fresca.

Insomma, gli accorgimenti da adottare sono molti e variegati, impossibili da seguire pienamente e mutevoli in base alle infinite variabili. In tutto questo discorso esiste una sola costante che dovete tenere bene a mente, nello sport come in qualsiasi altro ambito: ascoltate il vostro corpo, sa esattamente quello di cui ha bisogno. Non fossilizzatevi su nozioni accademiche o consigli stravaganti, agite con moderazione e, come amava dire il buon vecchio Orazio: "est modus in rebus", la giusta via è nel mezzo.
                                                                                                                            Ambra Natati


domenica 18 marzo 2018

MASSA CORPOREA: NON SOLO UN NUMERO!

Si sa, ogni promessa è debito! Pertanto, per mantenere fede a quanto detto la volta scorsa, oggi mi occuperò del metabolismo, del ruolo giocato dalla dieta nel controllo del peso e della composizione corporea. Niente sproloqui; dritti al punto.
Con il termine "metabolismo energetico", si fa riferimento ad una complessa serie di trasformazioni chimiche all'interno delle cellule eucariote e procariote che servono in particolare a:
- ricavare energia dalla degradazione di sostanze nutritive,
- convertire le sostanze nutritive nei precursori delle macromolecole,
- utilizzare i precursori per creare proteine, acidi nucleici ecc.
Si possono distinguere due tipi di metabolismo: quello basale, riferito ad uno stato di riposo, che indica la quantità di calorie spese nelle condizioni minimali, ovvero nelle funzioni per la sopravvivenza dell'individuo, e quello totale, che rappresenta la quantità di energia in eccesso al di fuori del metabolismo a riposo. Questo indice, si rifà alla quantità di calorie necessarie a compiere qualsiasi lavoro. I due processi sono calcolabili in maniera differente: per quanto riguarda il primo, i dati rilevati giungono dopo 12 ore di riposo e digiuno, ad una temperatura neutra, attraverso la rilevazione del consumo di ossigeno a riposo. Nel secondo caso, i dati vengono forniti principalmente dal lavoro dei muscoli volontari.
Una volta colto il ruolo del metabolismo all'interno dell'organismo, potete certo comprendere come tale meccanismo debba essere ben funzionante, perchè ciò permette di mantenere sotto controllo il proprio peso. Non a caso, molti dei problemi alimentari, scaturiscono da un malfunzionamento di questo processo. Tuttavia, come ben sappiamo, non basta avere un buon metabolismo, per poter scongiurare il rischio di disturbi legati all'alimentazione. Per evitare qualsivoglia risvolto negativo, è molto importante avere una consapevolezza di sè e della quantità di cibo ingerita. Molti studi sulla materia, dimostrano come il fabbisogno giornaliero di un uomo che svolge una normale attività fisica o lavorativa, sia di circa 3000 kcal/giorno. Per una donna che riversi nelle stesse condizioni, l'apporto ideale sarebbe di circa 2000 kcal/giorno.
Indubbiamente il metabolismo gioca un ruolo fondamentale nella capacità di bruciare le calorie ingerite, così come l'attenersi alle quote giornaliere sopracitate, tuttavia bisogna anche tener conto di altri fattori, come ad esempio il bilancio energetico. Questo deve mantenersi sempre su una soglia equilibrata, tra quantità di calorie assunte e bruciate. Qualora non vi fosse equilibrio, si parlerebbe di bilancio energetico negativo (bisogno energetico superiore all'apporto calorico, l'organismo ricava l'energia mancante dai grassi di riserva), o positivo (bisogno energetico minore all'apporto calorico, l'eccedenza viene immagazzinata sotto forma di lipidi). Ambedue le tendenze risultano estremamente dannose, perchè creano una serie di scompensi, che a lungo andare vanno a ledere il buon funzionamento dell'organismo. Certamente non è cessando di mangiare o dandosi ferree e dubbie regole che si riesce a rimodellare le proprie forme. La questione è ben più delicata e complessa di quanto tutti noi siamo portati a credere. Innanzitutto bisogna tenere a mente l'individualità di ogni organismo, in relazione alla propria composizione corporea.
Il peso di ognuno di noi, è dato dalla somma del peso totale dei tessuti fondamentali che lo compongono: muscolare, osseo ed adiposo. I primi due sono definiti massa magra, il terzo è detto massa grassa. Tenendo bene a mente il fatto che il malefico numerino che leggiamo sulla bilancia, non è dato interamente dal tessuto adiposo, possiamo calcolare con precisione l'indice di massa corporea, basandoci su una serie di tabelle altezza-peso. Tra queste, quella più utilizzata è IMC che, stimando la pesantezza dello scheletro, dei muscoli, degli organi, dei liquidi circolanti, ed infine dei lipidi, riesce a fornire un dato verosimile in merito al proprio peso-forma. Tale indice si ottiene dividendo il proprio peso per il quadrato della statura: IMC= p/h^2.
Ho pensato potesse essere molto interessante inserire l'aspetto dell'IMC per dar modo alle persone di rendersi conto dell'incredibile torto che fanno al proprio corpo quando, salendo sulla bilancia, si sentono inadeguate per la cifra letta. Penso che ognuno di noi debba maturare un rapporto sereno e consapevole con il  proprio fisico. Pertanto, ho dato così ampio respiro a questa sfaccettatura perchè credo nella sinergia imprescindibile che deve intercorrere tra mente e corporeità; aspetto già elogiato dai latini e riassumibile nella celeberrima "mens sana in corpore sano". Vorrei che passasse il messaggio che il corpo non è un nostro nemico, da combattere, tagliuzzare, sminuire e mortificare. Siamo tutti pieni di difetti, mancanti in molti aspetti, ma perfetti in virtù dei nostri sfregi.
Detto ciò,  sono ben contenta di dire che la volta prossima andremo ancora più a fondo ed inizieremo a lavorare sul regime alimentare che è bene tenga un atleta, sia in prossimità che in lontananza dalle competizioni.
Vi lascio dopo questo ennesimo "spoiler", con la speranza quantomeno di essere riuscita nel mio sport preferito: sollevamento (peso)... morale!!!
                                                                                                                       Ambra Natati

giovedì 15 marzo 2018

L'uomo è ciò che mangia: macro e micro-nutrienti!

"Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo". Partendo da un simile postulato, intendo continuare a lavorare sul varco aperto la volta scorsa, rimodellando e ridefinendo la multiforme scultura dell'alimentazione, per trarre da essa, qualcosa di nuovo.
Oggi mi occuperò in particolar modo di definire con precisione le tipologie di sostanze raggruppate sotto il nome di macro e di micro-nutrienti ed il ruolo che queste giocano nella vita di ogni individuo. Una volta conclusa questo breve capitolo dell'annosa questione, inizierò, con il prossimo post, a tracciare la tortuosa strada del metabolismo, per poi giungere a parlare della composizione corporea e della relazione fondamentale che lega sport ed alimentazione.
Orsù, non divaghiamo.
Tra le fila dei macro-nutrienti, troviamo elementi indispensabili per il buon funzionamento di ogni organismo, come: glucidi o carboidrati, protidi o proteine, lipidi ed acqua.
I glucidi, comunemente chiamati zuccheri, si suddividono a loro volta in:
1- glucidi semplici o monosaccaridi (costituiti da una sola molecola),
2- disaccaridi (costituiti da due molecole monosaccaridi),
3- glucidi complessi o polisaccaridi (più molecole monosaccaridi).
E' fondamentale conoscere la natura degli zuccheri ingeriti, per sapere con quale velocità agiranno sul fisico: i monosaccaridi forniscono pronta energia e prendono il nome di "glucosio", i polisaccaridi fungono da serbatoio e sono definiti "glicogeno".Inoltre è molto importante sapersi regolare, soprattutto per quanto riguarda l'ingerimento di zuccheri complessi, giacchè quando le riserve di glicogeno risultano sature, lo zucchero in eccesso viene trasformato in materiale lipidico ed immagazzinato nelle cellule adipose.
I protidi, comunemente chiamati proteine, sono fondamentali per la costituzione ed il rinnovo delle cellule dell'organismo, dal momento che si occupano della funzione plastica ed enzimatica. Per quanto riguarda la loro configurazione, essi sono formati da unità fondamentali, chiamate "amminoacidi". Questi sono circa 20; 8 sono fondamentali per ogni individuo e vanno introdotti con la dieta perchè l'organismo non è in grado di produrli autonomamente. Gli alimenti più ricchi sotto questo punto di vista, perchè contenenti tutti gli 8 amminoacidi fondamentali, sono quelli di origine animale. La mancanza di tali unità inoltre è estremamente dannosa, giacchè preclude la possibilità di formare nuove proteine o tessuti. Nonostante gli amminoacidi indispensabili siano meno di 10, tutti sono importanti, dal momento che rappresentano l'unica fonte di azoto che l'organismo può metabolizzare.
I lipidi, ovvero i tanto temuti grassi che si accumulano in ogni dove, possono essere a loro volta divisi in: lipidi semplici (trigliceridi, grassi di deposito con funzione energetica), o complessi (fosfolipidi, funzione plastica e regolatrice). Essi non presentano solo risvolti negativi, infatti giocano ruoli importanti nell'attività fisica di ogni persona:
1- conferiscono energia,
2- hanno un effetto di termoregolazione,
3- veicolano sostante essenziali per il buon funzionamento di ogni apparato.
L'acqua è considerata un macro-nutriente perchè presente in ogni alimento e rappresentate quasi il 60% del peso corporeo di ogni soggetto. Essa soddisfa l'indispensabile fabbisogno idrico giornaliero, che ammonta attorno ai 2,5-3 litri a persona. Quest'esigenza corporea viene integrata principalmente con l'apporto d'acqua presente negli alimenti. Quando si inizia a percepire la sgradevole sensazione di sete, il corpo ha già iniziato a disidratarsi.
Per quanto riguarda i micro-nutrienti, essi hanno funzioni bioregolatrici essenziali per la sopravvivenza. Tra le loro fila, troviamo: sali minerali e vitamine.
I sali minerali permettono di regolare le reazioni chimiche che avvengono nel corpo e che liberano energia; svolgono inoltre una funzione plastica. Essi si possono dividere in : macro-elementi e oligo-elementi.
Le vitamine hanno una funzione protettiva e regolatrice. Non tutte sono sintetizzabili dall'organismo, pertanto vanno introdotte con la dieta. Anch'esse si dividono in due gruppi: idrosolubili (presenti nei liquidi intra ed extra-cellulari, non possono essere accumulate), e liposolubili (assimilabili attraverso i lipidi ed accumulabili nei grassi di deposito. Se assunte in eccesso possono causare disturbi per ipervitaminosi).
Dopo aver fatto un po' di chiarezza e, spero, esser riuscita a smontare qualche falso mito, tutti noi possiamo sviluppare quanto appreso e utilizzarlo per ragionare sull'importanza di condurre una dieta sana, ricca di tutti questi nutrienti, coniugando l'alimentazione al nucleo fondamentale della questione, quello che ci sta più a cuore di tutti: lo sport.
                                                                                                                                     Ambra Natati